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Estratti stampa - Donne
Angelo Porru
STORIE DI MADRI, MOGLI E NONNE MOLTO FIERE
[
] Madri, mogli, nonne, sono le
protagoniste dello spettacolo composto da tre atti unici scritti
da Arnold Wekser. Sono figure ben lontane dal modello rampante
della signora in carriera. Eppure dimostrano, con la loro
centralità, il traguardo raggiunto dal fu sesso debole.
Mai accetterebbero di vivere un'esistenza riflessa, appendice
o contorno di un qualsiasi baricentro maschile. I mariti,
i compagni, i padroni spodestati, devono accontentarsi di
ruoli sfocati, nebbiosi. Matrimoni, maternità, aspirazioni
e sentimenti sono visti sempre dalla parte di lei. Raccontato
così, qualunque uomo finisce per ridursi a un fantasma
da evocare o scacciare a piacimento. Dipende da Stephanie,
da Naomi o da Ruth se e quando ammettere un lato virile nei
loro pensieri con la sottana. La regia di Lelio Lecis consegna
questo triplo ritratto di donna alle sole cure di Elisabetta
Podda. E l'attrice che partecipa sin dalla fondazione ai progetti
di Akròama risponde con un eccellente gioco di spiazzamenti,
di registri altalenanti, di musicalità sottovoce. Con
la Stephanie abbandonata sul letto coniugale sfila il dramma
tutto di testa che riguarda palpiti del cuore e ragioni dell'affetto.
Siamo, insomma, dalle parti di quei valzer delle coppie che
affascinano il cinema di Woody Allen. Anche qui, come a Manhattan,
il caso scoppia in un ambiente intellettuale. Anche qui una
giovane fiamma sbanca figli, storie e stanchezze in comune.
Anche qui il dolore cerca conforto camminando fra una mostra
d'arte. Solo il tocco è forse più beffardo:
nei quadri che dovrebbero lenire i dispiaceri si affacciano
i visi sfatti dipinti da Edgar Hopper, i perdenti rubati a
un bar o a un lampione della metropoli americana. Le solitudini
livide di Hopper emergono anche da luci e climi della messinscena.
Succede a casa di Naomi, una dolce vecchietta angosciata da
un nipote che vorrebbe confortarla. Dimenticando il televisore
sempre acceso, con lo schermo dove frigge il bianco lattiginoso
di un black-out nelle trasmissioni, la nonnina in poltrona
potrebbe appartenere a quel campionario di umanità
in disarmo. Lei, però, abita in un angolo d'Inghilterra
invece che una città degli States. E il suo tè,
o la sua conversazione inesauribile sui capricci del tempo,
ci dicono quanto sia importante calarsi negli umori britannici.
La regola vale pure per Ruth, ragazza-madre quarantenne che
battaglia con la prole e coi ricordi di una Swingin' London
gustata appena di sfuggita. Ma Elisabetta Podda è bravissima
a superare le differenze di cultura al di qua e al di là
della Manica. I suoi timbri scuri o straniti, i suoi scarti
da fanciulla a matrona, sono un colpo a segno come i costumi
di Enrico Podda.
LA NUOVA SARDEGNA, sabato 13 febbraio
1993
Angelo Porru
IL GRANDE UNIVERSO DELLA VITA QUOTIDIANA
[
] Sessant'anni, un passato di garzone
tuttofare, una carriera decollata definitivamente dopo qualche
battuta a vuoto, Arnold Wesker è un erede dei "giovani
arrabbiati" che scandalizzarono la Londra dei Beatles
e Mary Quant. Per lui, di questi tempi, nessuno invocherebbe
roghi o censure. Wekser, diversamente da Osborne o da Orton,
evita le tinte forti. Il suo tocco preferisce una leggerezza
ironica, distante da qualsiasi lato truce. Sta di fatto, però,
che i personaggi pensati per il palcoscenico hanno parecchio
in comune con quelli dei drammaturghi più "cattivi".
Sotto i riflettori c'è comunque un'umanità inacidita,
scottata, insoddisfatta, e soprattutto disillusa. Sono esempi
di una condizione in cui ci si rispecchia facilmente, riconoscendo
i malumori tipici della nostra epoca. [
] Problemi di
tre donne diverse per età, per carattere e per provenienza,
che Elisabetta Podda accosta "in una sfortuna comune".
Anziane o di mezza età, nubili o mogli in disgrazia,
sono le protagoniste di battaglie combattute fino all'ultimo
respiro. Sole, ma non per confessarsi in solitudine. [
]
LA NUOVA SARDEGNA, giovedì 11
febbraio 1993
Marco Manca
LE FRUSTRAZIONI DI DONNE CON LE GONNE
[
] Nei ritratti al vetriolo del
drammaturgo britannico (e laicamente ebreo) ci sono poche
pubbliche virtù e molti vizi privati. Quello di Stephanie,
abbandonata dal partner e coccolata dalle banalità
degli amici: svagati, le dicono, dimentica il tuo mondo immergendoti
nel mondo. Una galleria d'arte, un ristorante, una libreria.
Tutto da sola, improvvisamente e inspiegabilmente sola. Con
quella rigidità del corpo e della mente che precede
l'annichilamento totale. Stephanie ha la faccia di ragazza,
robotizza qualunque emozione, tesse le lodi dell'"ormai
è troppo tardi". Oppure Ruth, parrucca bionda
da scaramacai e una figlia che non compare mai. Ha l'aria
di una genitrice sessantottarda che ha sbagliato tutto: la
figlia non compare perché non l'ha mai ascoltata e
non lo farà adesso che ha già imparato (lei,
non la madre) ad andare sugli sci. Elisabetta Podda offre
alle sue angustie il calibro svagato di chi s'è persa
nelle parole per troppo amore e non si ricorda più
che cosa dice e, soprattutto, deve dire alla figlia per tenersela
accanto. E ancora Naomi, vecchia, senz'altri ricordi che il
figlio mai generato e l'interminabile realtà divisa
tra una telefonata con il figlio che avrebbe voluto suo ma
suo non è, e la televisione "accesa più
per ascoltare una voce umana" che per carpirne le informazioni.
E' in questo ritratto, sommesso, monocorde e affollato d'angosce
sottili che Elisabetta Podda dà il meglio di sé.
[
]
L'UNIONE SARDA, sabato 13 febbraio 1993
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