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Estratti stampa - La casa della madre


La violenza che ha animato lo sciagurato e muto assassinio di Antonia. Un mito che ci impone la ricerca di quell'innocenza che servirà a ricostruire una speranza, se non proprio la nostra Storia. Ecco, Lelio Lecis è riuscito a descrivere il tragitto da cronaca a mito, attraverso una partitura teatrale serrata e di grande tensione emotiva. Bravissimi gli attori. Una citazione particolare per Elisabetta Podda (angelo capo) e Gianni Loi (Catgiu), per le musiche di Lelio Lecis e i costumi di Valentina Enna.
Pasquale Porcu
LA NUOVA SARDEGNA, mercoledì 2 novembre 1988

Un lavoro di rara sensibilità interpretativa, asciutto e tagliente; nulla concede agli orpelli del falso pietismo. Luci di candele, attrezzi della casa colonica, muri a calce, mobili di un arcaico pagano per lo sfondo di una evocazione eventistica del dramma compiuto, misfatto dell'uomo nella bestialità della violenza.
Giorgio Sebastiano Brizio
AVANTI! 15 Dicembre 1988

Il lamento della natura profanata si fa voce umana, voce femminile, coro solidale che canta il dolore mesto, lento, ossessivo di una terra profondamente avvertita, dove si seppelliscono i morti che rivivono assieme ai vivi in una narrazione scenica che è teatro.
Isabella Mezza
IL POPOLO 29 Dicembre 1988

Ragazzine dagli occhi tristissimi e donne disfatte dalla disperazione si fanno carico di uno strazio che nel suo procedere per stazioni non mira all'evocazione sanguinaria ma a un coinvolgimento che associa lo spettatore alla responsabilità culturale di quella ancestrale maledizione.
Gianfranco Capitta
IL MANIFESTO 28 Luglio 1989

Un altro punto forte del Festival è stato “La Casa della Madre” del gruppo sardo Akròama diretto da Lelio Lecis. Spettacolo che fa leva sull'emotività dello spettatore e che, accanto a un'ansia documentaria, fa sua una spinta poetica alla ricerca di un linguaggio teatrale.
Maria Grazia Gregori
L'UNITA' 2 Agosto 1989


Sul piano drammaturgico si può affermare che l'operazione merita il successo che da due anni riscuote nei teatri italiani poiché sa coinvolgere utilizzando un linguaggio essenziale e un'adeguata fusione di ritmi e tempi.
Pietro Longo
GIORNALE DI SICILIA, venerdì 26 ottobre 1990

Si intuisce che Lecis, piuttosto che soffermarsi sul dato storico e sulle giustificazioni sociali della vicenda, abbia preferito interrogarsi su una condizione mitica del dolore e della tragedia. Molto bravi gli attori i cui luttuosi volti contrastano con il candore in un misto di impalpabile sensualità.
Roberto Giambrone
L'ORA 26 Ottobre 1990

 

Estratti stampa - La casa della madre 2001

Se uno dei compiti, o dei meriti, del teatro è quello di suscitare nello spettatore delle forte emozioni, allora Lelio Lecis con il suo dramma "La casa della madre", tratto dal romanza "La casa nel bosco" di Leonardo Sole, ha centrato in pieno questo obiettivo. Pochi lavori, infatti, ci hanno profondamente colpito come questa nuova edizione, rivista e rimontata per il palco all'italiana del Teatro delle Saline, della vicenda di Antonia Mesina. Per chi non lo ricorda, quella di Antonia Mesina da Orgosolo è stata una vita breve, stroncata dalle violenze di un povero bruto. Lui la voleva, lei lo ha rifiutato, accettando di morire pur di non perdere la sua "onestà". Per questo salirà presto agli onori degli altari. Da questa cupa vicenda con troppi morti, da Antonia al suo carnefice fucilato in piazza, Lecis ha tratto un materiale emotivo enorme. Tutto si muove intorno alle donne, che sul palco diventano coro greco, attrici, attittadoras del martirio di Antonia. Ogni gesto, ogni suono, ogni atto che si svolge sulle tavole del palcoscenico è allora racconto ed insieme varco nelle coscienze del pubblico. I pochi uomini presenti sono l'omicida, presentato come una patetica figura di folle alla ricerca di amore e di sesso, e un servo che nella magnifica ultima scena porterà l'acqua per un pietoso lavacro funebre. E se occorre elogiare tutti gli attori della compagnia Akròama qui impegnati, non possiamo dimenticare la figura del capoangelo, interpretato da una intensa Elisabetta Podda, la madre di Antonia a cui dà forma Carla Orrù, e la straordinaria presenza di Giovanni Loi, il folle bruto assassino.
Salvatore Pirino
L'OBIETTIVO, martedì 21 novembre 2000


L'Akròama propone ora come un piccolo evento il ritorno alle Saline, questa volta nella messa in scena pensata dal regista Lelio Lecis per il palcoscenico. Il nuovo allestimento può proporre nuove suggestioni - le giovani testimoni si dondolano sulle altalene e un grande cielo azzurro rischiara la scena del bagno collettivo delle fanciulle - e acquistare agilità e ritmo. Del vecchio cast rimangono Elisabetta Podda (angelo capo), Carla Orrù (la madre), Giovanni Loi (l'assassino) e Rosalba Piras, mentre sono di nuovo inserimento Raffaela e Monica Perra, Alice Capitanio, Barbara Cadeddu e Tiziano Polese. Resta inalterato il bel testo di Leonardo Sole che applica la sintassi sarda all'italiano rendendo vivo e quotidiano il linguaggio parlato.
Roberta Sanna
LA NUOVA SARDEGNA, giovedì 23 novembre 2000


Diretta da Lelio Lecis, che ne cura lo spazio scenico, i costumi e le musiche, "La casa della madre" è un'opera storica di Lecis, il cui debutto risale al 1988. Lasciati i suggestivi ambienti della vecchia ambientazione di Osilo dove fu rappresentato per la prima volta, lo spettacolo si sposta sul palco in un'edizione inedita e cast quasi totalmente rinnovato. In scena saranno Elisabetta Podda, Raffaela Perra, Tiziana Martucci, Monica Perra, Alice Capitanio, Barbara Cadeddu, Carla Orrù, Rosalba Piras, Giovanni Loi e Tiziano Polese. Restano fermi i punti di forza della messinscena, costruita intorno al dramma di Antonia Mesina, protagonista negli anni Trenta di un caso di violenza carnale sfociato in un omicidio, "santificata" dall'immaginario collettivo e resa "contemporanea" dal processo di beatificazione. Lo spettacolo ha il potere di evocare, attraverso la cronaca e la ricostruzione storica, i sentimenti più intimi e toccanti dei protagonisti che si muovono in quadri di straordinaria bellezza ed intensità. Così, tra i volti cupi dei personaggi, i riti, i canti e le dichiarazioni dei testimoni, riemerge una memoria etnico-collettiva, profilo netto e affascinante della Sardegna più autentica.
Vito Biolchini
GODOT, giovedì 12 aprile 2001


Scene semplici, impreziosite dalla calda luminosità delle candele, da un cielo che sul finale si svela d'un azzurro limpido e stellato, dall'ondeggiare delle altalene su cui si rievoca il dramma che colpì Antonia Mesina. "La casa della madre", a più di dodici anni dalla prima suggestiva rappresentazione tra gli antichi ambienti di una casa nella campagna di Osilo, viene ancora stasera riproposta da Akròama al Teatro delle Saline. Tutto è molto soffuso, come sull'ombra del ricordo. Le maschere neutre nel buio dell'ambientazione, il canto nenioso degli angeli - cornice che abbraccia l'intero svolgersi dello spettacolo - e gli spazi stretti che si aprono e si richiudono sul palco rendono il senso dell'asfissia claustrale della cultura rurale agli inizi del secolo scorso. Il sentimento della colpa promana dai banchi di una chiesa che assoggetta e non consente l'affrancamento. L'innocenza appartiene solamente agli angeli (guidati da Elisabetta Podda), che misuratamente danno voce e anima al passato. Tra gli uomini e le donne il confine con l'illecito è lieve e incerto, come danno ad intendere i giochi con l'acqua che, rompendo nettamente con l'atmosfera precedente, ostentano nella provocazione.
Giulia Clarkson
L'UNIONE SARDA, sabato 14 aprile 2001


[…] La Casa della Madre sa creare un affresco di universale dolore, dove la storia assurge al ruolo di mito. […] Uno spettacolo in cui la disperazione e il candore dei volti femminili, la danza, il suono, il canto, compongono una sequenza di eventi come in altrettante stazioni di una via crucis. Uno spettacolo coinvolgente e disperato la cui forza sacra è anche quella della Sardegna, di una cultura contadina che ha conservato intatti gli antichi tabù morali e religiosi. […]
Federica Iacobelli
IL DOMANI, 26 luglio 2001

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