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Estratti stampa - Lo straniero

Piero Longo
"LO STRANIERO" DI CAMUS: IN SCENA AL LIBERO L'ANTIEROE INDIFFERENTE

Lo spettacolo secco e tagliente mette a fuoco il senso dell'assurdo di una vita nella quale anche la morte della madre e un casuale omicidio possano condurre alla coscienza d'essere e di sentire. Lelio Lecis, regista e riduttore del testo, nella sua accorta scrittura drammaturgica ha saputo far conciliare le pagine narrative e quelle problematiche ritagliando il protagonista e gli altri personaggi della vicenda, secondo una linea continua che ripercorre il processo e la condanna facendo rivivere a Meursault quel lento impadronirsi di sé che, in nome della verità, lo conduce all'anticonformismo che lo fa appunto "straniero", vittima consapevole della condizione umana. Dalla camera nera della scena, luci fredde e segni inquietanti si fanno voce e azione; dalla bara della madre alla ghigliottina che taglia perentoriamente l'ultima scena, Valeriano Gialli è un convincente Meursault circondati da ricordi e dai personaggi perfettamente sintonici anche sul piano della recitazione, che sono anche i fantasmi algerini in Kefta portatori degli oggetti in scena. Aver reso l'"estraniamento" senza ricorrere agli stratagemmi della recitazione estraniata è uno dei pregi di questa edizione originale lontana sia dalle fascinazioni filmiche che dai riferimenti all'esistenzialismo filosofico. Una asciutta vicenda di puro teatro alla quale Rosalba Piras, Giovanni Loi, Marcello Enardu, Raffaele Chessa e Carla Orrù hanno dato sapore.
GIORNALE DI SICILIA, giovedì 11 marzo 1993


DA UNA PROSA MAGISTRALMENTE SOBRIA NASCE UN TEATRO PURO E COINVOLGENTE

Marcatamente denso, in una scenografia nera, neutra, improntata su attori con personalità e carattere, questo è Teatro, fatto da chi lo sa fare: niente fumo e cianfrusaglie sceniche, ma essenza che nasce dall'armonia tra parole e immagini. Valeriano Gialli, fin dall'abito che indossa, è quel piccolo uomo che racconta come dall'esterno e che accetta i tiri che gli gioca la vita: la morte della madre, l'amante, quell'amico strano, i tre pazzi. L'assassinio viene solo descritto; esplodono diversi spari. Oltre a una luce raffinata che cambia in continuazione in perfetta sintonia con l'arrangiamento musicale, qualche sedia, un letto e per ultima una ghigliottina, immersi in un'atmosfera neutra, focalizzano lo sguardo. In poco più di un'ora ci viene mostrato un Teatro puro e coinvolgente, che supera le barriere linguistiche, molto preciso, e che centra esattamente l'atmosfera del racconto. Si guarda e si rimane stupiti di quanto sia semplice fare del buon teatro.
Karl Harb
SALZBURGER NACHRICHTEN, 4 maggio 1993

Il Teatro Akròama di Cagliari, con lo spettacolo "Lo straniero" di Albert Camus, dà una convincente dimostrazione della forza unificante del teatro che supera le frontiere. Gli attori sardi hanno raggiunto, sotto la regia di Lelio Lecis, una grande tensione emotiva. Le parole suonavano come musica, gli sguardi e i gesti trasmettevano chiaramente quel che succedeva negli uomini e intorno a loro. L'impiegato francese in Algeria era interpretato da Valeriano Gialli. La morte della madre, la veglia funebre, l'incontro con la collega Maria, il litigio con l'arabo che poi lui uccide: tutto ciò lo straniero lo vive senza una profonda coscienza. Persino la condanna a morte e le ore precedenti l'esecuzione non risvegliano in lui nessuna ribellione. Il tempo scorre via silenzioso, senza un alito. Quando la lama della ghigliottina cade, il pubblico non riesce più a trattenere l'emozione.
SALZBURGER VOLKSZEITUNG, 4 maggio 1993


LO STRANIERO SENZA SPERANZE

La regia di Lecis condensa e svuota ogni emozione, inventa strani fantasmi da integralismo islamico con funzioni di attrezzisti e servi di scena, spruzza qua e là pillole di grottesco, e riduce tutto a una sobrietà d'impianto, raggelata e sensibile. Uno spettacolo "semplice" che restituisce le atmosfere apatiche del romanzo di Camus e riaccende l'interesse per un autore passato dalla moda sartriana e parigina del dopoguerra al colpevole silenzio dell'"indifferenza" di oggi.
Gabriele Rizza
IL TIRRENO, 26 aprile 1994


UN CAMUS QUASI IPNOTICO

Una scenografia essenziale ma puntuale, incisiva e curata, luci bellissime e suggestivamente efficaci, una regia attenta e intelligente, un testo "lavorato" con perfetta consapevolezza, lasciando intatto il senso letterario dell'esistenzialismo di Camus, rinunciando tuttavia a qualsiasi digressione filosofica. Il risultato è una lettura scenica che ha dei momenti autenticamente ipnotici, senza ricorrere mai a forzature istrionesche, mantenendo anzi un perfetto controllo interpretativo e di caratterizzazione dei singoli personaggi.
Giovanna Zofrea
IL VERONESE, 3 maggio 1994


ECCO LO STRANIERO RINATO E RILETTO IN TERRA DI SARDEGNA

Lelio Lecis ha voluto rispettare il testo letterario. Umori, pensieri, ma anche avverbi o aggettivi, provengono sempre dalle pagine che rivelarono un quasi esordiente Albert Camus. Eppure il regista e adattatore per il palcoscenico s'è concesso qualche irriverenza. Ha snellito i passi che conducono alla lama di una mannaia. Sono dimagrite certe divagazioni trasognate sotto il cielo di Algeri. Persino alcuni personaggi scompaiono nelle sforbiciate. Resta intatto il nucleo che rese l'opera di Camus una specie di sassata nelle coscienze. [...] Tutto congiura contro l'assassino. Sarà il capro espiatorio perfetto, la rivinciata della morale ipocrita su un fastidioso eretico. Stretto in un abito dimesso, quasi imprigionato dalla stoffa oltre che dagli eventi, Valeriano Gialli costruisce questo travet pistolero come un ragionatore imperturbabile, frenando fino alle battute dell'epilogo i suoi estri timbrici abituali. Emozioni, sussulti o languori passano in un filtro raggelante. Al funerale della madre, non sgorga una lacrima neppure per sbaglio. Amoreggiando con la collega Maria Cardona, un abbandono affettuoso sembra improbabile quanto lo scioglimento dei ghiacciai perenni: se Rosalba Piras adotta l'entusiasmo e la disponibilità fiduciosa come arma di seduzione, Meursault risponde rimuginando perplesso sull'idea del matrimonio. Neanche un pasticciaccio di condominio, che sfocia poi in una testimonianza in aiuto al malavitoso vicino di casa, incrina questa condotta distaccata. Ci vorrà una misteriosa svolta del destino, coll'omicidio senza motivo su una spiaggia, per cambiare il corso delle cose. Solamente in vista della ghigliottina si sbriciola il muro che isola dai propri simili. Soltanto allora, pacificato un rancore sottile verso l'esistenza, ci si aprirà "alla dolce indifferenza del mondo". Un paradosso, aria che regnerà, a guerra finita, tra gli esistenzialisti di Parigi. Tuttavia, qualcosa di Meursault rimanda al disincanto dell'era postmoderna. Gialli tiene presente l'assonanza, e inserisce spesso una sottile vibrazione che contrappunta i toni plumbei del razionalizzatore. La regia di Lecis insiste spaesando luoghi e facce, racchiudendo il racconto in una lunga confessione a un giudice istruttore, inventando fantasmi islamici nel ruolo di provvidenziali servizi di scena, o incursioni nel grottesco quando si visita un ospizio per anziani come pure un'aula di tribunale. La compagnia di Akròama (coi nomi ormai collaudati di Raffaele Chessa, Marcello Enardu, Giovanni Loi e Carla Orrù) risponde mostrando una maturità in forte crescita. Fra le palme e i venti caldi africani s'intravvede il vagheggiatissimo "teatro mediterraneo".
Angelo Porru
LA NUOVA SARDEGNA sabato 14 novembre 1992


"LO STRANIERO" DI CAMUS IN SCENA AL TEATRO LIBERO

Nulla sembra avere importanza per l'impiegato Meursault, che accoglie la notizia della morte della madre con la stessa freddezza con la quale preme il grilletto della pistola per uccidere un arabo appena conosciuto. E la stessa esasperante indifferenza accompagnerà Meursault durante tutto il processo che lo condurrà verso l'inevitabile epilogo. La provocazione di Camus non si è lasciata scalfire dal tempo. Dopo cinquant'anni, l'orrore dell'uomo contemporaneo, messo a nudo dallo scrittore, non è cambiato di molto. Lo smarrimento di allora si colora di nuovi e più inquietanti enigmi. A tutto questo il regista Lelio Lecis si è ispirato per realizzare il suo spettacolo, interpretato da Valeriano Gialli, Rosalba Piras, Giovanni Loi, Marcello Enardu, Raffaele Chessa e Carla Orrù. Affascinanti le musiche che comprendono canti tradizionali arabi e canzoni di Peter Gabriel.
R.G.
IL PAESE


IN FLASH-BACK AL TEATRO NUOVO RIVIVE IL TRAGICO DESTINO DELLO "STRANIERO" DI CAMUS

E' una storia di alienazione esistenziale. Meursault è "straniero" a sé stesso, guarda con distacco alla vita e alla morte. Di fronte all'esigenza etica di un ordine razionale delle cose e all'assurdità radicale dell'esistenza, egli risponde con l'indifferenza e come tale resta vittima delle circostanze, ne accetta coscientemente e ironicamente le conseguenze, come ineluttabili. In fondo Meursault non ama nessuno perché non crede nella vita: dopo il funerale della madre si reca a passeggiare al porto, incontra una donna, se la porta a letto; non prova nessun vero sentimento per l'amante Maria; asseconda per forza d'abitudine le richieste dell'amico Raimondo; si trova coinvolto in un omicidio del tutto casuale. Lo spettacolo si svolge come un flash-back attraverso la ricostruzione dei fatti che emerge dal processo. Valeriano Gialli dà un'interpretazione intensa e insieme distaccata ad un Meursault che è ancora lontano dall'"Uomo in rivolta". La sua condanna, prima ancora che per il delitto, gli viene comminata per il suo voler essere "straniero" alle regole del mondo. E la Marsigliese che segue il cadere della mannaia rassicura i benpensanti che l'ordine costituito è salvo.
Franco De Ciuceis
IL MATTINO, domenica 17 aprile 1994


INDIFFERENTE CON PASSIONE

Le scelte del regista, anche se discutibili, non sono mai gratuite e sembrano giustificate dall'esigenza di trasportare il codice di comunicazione narrativo in quello teatrale. La recitazione di Gialli riesce ad evocare con efficacia il paesaggio algerino, la sensazione claustrofobica dei funerali della madre di Meursault, il caldo soffocante, la sabbia incandescente della spiaggia su cui avviene il delitto, la leggerezza del pubblico ministero, l'ipocrisia dei testimoni al suo processo. Semplici e funzionali le scene di Valentina Enna.
Fiammetta Scalfati
IL TEMPO, domenica 17 aprile 1994


UNO STRANIERO MAGNETICO
SPETTACOLO RAFFINATO E LIBERATORIO

"Lo straniero" di Albert Camus, presentato nei giorni scorsi al Laboratorio per la rassegna "I sentieri della differenza" dal Teatro Stabile Akròama della Sardegna, ci ha fatto piacevolmente ricredere sulle atmosfere paludose e asfissianti del contemporaneo teatro di ricerca. Raffinato e liberatorio, lo spettacolo ha il suo fulcro nella figura del protagonista, Meursault, lo "Straniero" interpretato da un magnetico Valeriano Gialli. Gialli è sempre in scena, intorpidito da un'indelebile indifferenza che lo fa essere un'inutile trastullo del destino. Si muove poco, non esce mai dal palcoscenico, oggetti e uomini gli si avvicinano, gli stanno attorno, si radunano nei pressi di un uomo che vede solo il vuoto. Gli avvenimenti accadono con lentezza, sotto il caldo sole arabo, e il deserto invade il palcoscenico disegnato dalla regia di Lelio Lecis, che geometrizza le mosse degli attori come se lo spazio fosse una scacchiera dai movimenti predestinati e che libera, come il vento, le impervie parole di Camus. [...] Una cantilena senza fiato, l'occhio perso in un punto fisso e qualsiasi, i gesti da bamboccio di pezza di Valeriano Gialli sono così eleganti e freschi, che non angosciano né stancano, ma ipnotizzano, tanto che il pubblico sobbalza quando, nelle scena dell'omicidio dell'arabo, esplodono i tre colpi di pistola. E la bravura di Gialli nel cristallizzare un Meursault di sabbia, si capisce ancora di più quando l'attore interpreta per pochi minuti, nella scena del processo, un focoso quanto sciocco avvocato, che si scalda nella pantomima di disgraziati principi. Intorno a Gialli un'affiatata compagnia. Colpiscono soprattutto Giovanni Loi, il Custode, lungo, magro, sfingeo, e Raffaele Chessa, un Raimondo sanguigno e violento. La galleria di ritratti si completa grazie alla sinuosa femminilità di Rosalba Piras, Maria, alla presenza "tragica" di Carla Orrù, l'Amante di Raimondo, e alla rigidità di Marcello Enardu, il Direttore dell'ospizio. Il finale esplode nella Marsigliese che, sul sonnolento silenzio dello spettacolo, stende un velo d'ironia.
Elena Gaiardoni
L'ARENA, mercoledì 4 maggio 1994


LA MAMMA E' MORTA, CHE FARE?
AL LABORATORIO UNA BUONA TRASPOSIZIONE DAL ROMANZO DI CAMUS CON I SARDI AKROAMA

Uno spettacolo di alto livello "Lo straniero" messo in scena nei giorni scorsi al Teatro Laboratorio dal Teatro Stabile di Ricerca sardo Akròama. Una trasposizione teatrale dal famoso romanzo di Albert Camus a cui gli attori della compagnia sarda hanno dato vita con personaggi dalle vivide e intense caratterizzazioni. Secca, tagliente e molto intensa, la rappresentazione della storia dell'antieroe indifferente Meursault, impiegato francese in Algeria, uomo "per caso". La vita, con la sua viva realtà, gli scorre davanti come un film, ma i suoi occhi, straniati e trasognati non vedono, né il suo cuore può sentire o la sua mente comprendere. Meursault indifferente fuma e beve il caffelatte sulla bara della madre, né la sua coscienza è minimamente scossa dalla presenza di storpi e malati dell'ospizio. Si respira aria di incantamento, l'antieroe è completamente estraniato, nell'ottima interpretazione di Valeriano Gialli. Solo alla fine avverrà l'apertura, prima della morte, alla vita e agli affetti. Luci fredde e taglienti ritagliano volti e scene con un gioco perfetto. Suggestiva ed efficace la scenografia, con gli oggetti come magicamente fatti comparire in scena mediante evanescenti e misteriose figure in kefta, i fantasmi algerini. Perfetta anche la musica, Peter Gabriel unito a melodie arabe. La regia di Lelio Lecis ha offerto momenti di intensa emozione. Bravi tutti gli interpreti, Rosalba Piras in Maria, Giovanni Loi il custode, Marcello Enardu il direttore, Raffaele Chessa, Raimondo.
Daniela Zambonini
LA CRONACA, venerdì 6 maggio 1994


IL MEURSAULT DI CAMUS E LA FILOSOFIA DELLA CRISI

LO STRANIERO, da Albert Camus. Regia (raffinata) di Lelio Lecis. Aiuto regia Elisabetta Podda. Scene (stilizzate, efficaci) di Valentina Enna. Costumi (adeguati) di Enrico Podda. Musiche (significative) di Pater Gabriel e trad. arabe. Con Valeriano Gialli (misurato e credibile Meursault), Rosalba Piras (Maria di esplosiva bellezza), Giovanni Loi (macchiettistico custode), Marcello Enardu (giusto come direttore), Raffaele Chessa (buon Raimondo), Carla Orrù (notevole sedulità mimica). Direzione tecnica di Luca Lai. Prod. Akròama Teatro Laboratorio sardo.
[...] E' la storia di un uomo quasi indifferente a tutto ciò che lo circonda e che sembra non avere alcun sentimento: fuma durante il funerale della madre, va in piscina il giorno dopo, vi ritrova un'amica che diviene, la notte stessa, la sua amante, e affronta questa relazione con una leggerezza giudicata "colpevole". D'altronde, non s'era mai neppure curato d'andare a trovare la genitrice, che aveva relegato all'ospizio e ancora, nell'occasione dell'assassinio, aveva usato il revolver quasi come se non si rendesse conto di ciò che stava compiendo, dando prova d'essere, in definitiva, uno "straniero" nel mondo in cui viveva. E' dunque questa noncuranza del perché, questa carenza d'impegno nelle scelte che lo rende condannabile dal mondo e figura topica d'un dettato psicologico archetipico per questa filosofia della crisi, nata con Kirkegaard, rinvigorita da Heidegger e Jaspers e divulgata, proprio in ambito letterario, da Sartre e dallo stesso Camus. L'opera, anche per merito della rielaborazione drammaturgica di Lecis (regista preciso, essenziale, razionale come pretende l'autore), ha momenti di grande e intensa forza lirica, veri e propri colpi di ala che alleggeriscono la tensione tragica d'un racconto che vuol essere l'epifania d'una vicenda triste (l'omicidio perpetrato inutilmente da un uomo abulico). Ci ha molto colpito la forte resa interpretativa di Valeriano Gialli che ha proposto questo antieroe. Di buona tenuta tutto il complesso gruppo d'attori.

Enzo Maria Caserta
HYSTRIO, n°4 - 1994

STRANIERO DEL MONDO
IMPEGNATIVO LAVORO TEATRALE TRATTO DALL'OMONIMO ROMANZO DI ALBERT CAMUS NELLA RIDUZIONE E REGIA DI LELIO LECIS

[...] Lelio Lecis, regista e riduttore del testo, nella sua accorta scrittura drammaturgica ha saputo far coincidere le pagine narrative e quelle problematiche ritagliando il protagonista e gli altri personaggi della vicenda, secondo una linea continua che ripercorre il processo e la condanna facendo rivivere a Meursault quel lento impadronirsi di sé che, in nome della verità, lo conduce all'anticonformismo che lo fa appunto "straniero", vittima consapevole della condizione umana. Dalla camera nera della scena, luci fredde e segni inquietanti si fanno voce e azione; dalla bara della madre alla ghigliottina che taglia perentoriamente l'ultima scena. Valeriano Gialli è Meursault, circondato dai ricordi e dai personaggi, perfettamente sintonici anche sul piano della recitazione. Vi sono i fantasmi algerini di Kefta che fungono da portatori degli oggetti di scena. Aver reso l'"estraniamento" senza ricorrere agli stratagemmi della recitazione estraniata è uno dei pregi di questa edizione originale, lontana sia dalle fascinazioni filmiche, che dai riferimenti all'esistenzialismo filosofico. Un'asciutta vicenda di puro teatro alla quale gli interpreti, Rosalba Piras, Giovanni Loi, Marcello Enardu, Raffaele Chessa e Carla Orrù danno sapore. [...] Valeriano Gialli, fin dall'abito che indossa, è quel piccolo uomo che racconta come dall'esterno e che accetta i tiri che gli gioca la vita: la morte della madre, l'amante, quell'amico strano, i tre pazzi. L'assassinio viene solo descritto: esplodono diversi spari. Oltre a una luce raffinata che cambia in continuazione in perfetta sintonia con l'arrangiamento musicale, qualche sedia, un letto e per ultima una ghigliottina, immersi in un'atmosfera neutra, focalizzano lo sguardo.
LA CRONACA, sabato 30 aprile 1994

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