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Estratti stampa - Woyzeck

Marco Manca
WOYZECK, LA BATTAGLIA TRA L'ESSERE E IL DOVER ESSERE

[…] Jochen Scholch ama la notte come frontiera tra il bene e il male. Nella versione del Woyzeck che il giovane regista tedesco ha presentato a Monserrato, la notte è l'illuminazione che galleggia su un volto, un bacio o un omicidio. I personaggi appaiono o scompaiono all'improvviso quasi fossero flash della memoria. Non ci sono scenografie perché gli attori se le portano addosso: la divisa irrigidita dal tempo di Woyzeck (Marcello Enardu), il cappello piumato del tenente macho e seduttore (Raffaele Chessa), il grembiule da contadina e le seduzioni di una vedova col figlio a carico che "trapassa con gli occhi sette paia di calzoni di cuoio" (Rosalba Piras), la bonomia paranoide e scarmigliata del dottore (Antonio Caboni). A regolare le danze per quest'omaggio alla lucida follia di chi vorrebbe essere diverso ma non può - e soprattutto non deve nelle convenzioni restauratrici dell'epoca - è un personaggio in redingote (Elisabetta Podda) che ha un potere faustiano sull'universo malato raccontato da Buchner. E' lei che ferma il tempo con uno schiocco delle dita. Sempre lei che suona la fisarmonica per sussurrare ai personaggi del dramma una colonna sonora di amore e di morte. Woyzeck che da timido soldatino risponde "gnor sì" e intanto sente le voci di dentro che danno alito alla sua follia, vede teste rotolare tra i funghi e prende coraggio per quel che sarà il suo unico e definitivo atto da protagonista nella vita. E Maria che lo sbeffeggia: "preferirei un coltello in corpo - dice - piuttosto che la tua mano sul mio corpo". Non sapendo che avverrà davvero, la rabbia del soldatino avrà la forma di una lama allungata e sarà lei la vittima. Woyzeck e Maria son due poli opposti della vita, Jochen Scholch li racconta nel più crudo dei realismi, ritagliando per sé l'universo visionario dei trucchi di scena, un bambolotto che si muove a tempo, un rotolo di stoffa che diventa mare anestetico, inghiotte colpe e rimorsi. Il tutto con una sensibilità attenta alle forme e ai movimenti degli attori, l'equipe dell'Akròama ha una felicità d'insieme che stupisce. […]
L'UNIONE SARDA, giovedì 24 marzo 1994

Walter Porcedda
LA LUNA DI "WOYZECK"

[…] Prova impegnativa per la compagnia cagliaritana che nell'affidare la regia dell'allestimento a un giovane regista tedesco - ma con un interessante curriculum alle spalle - il ventottenne Jochen Scholch, ha così inaugurato una inedita forma di collaborazione e scambio a livello europeo. Test impegnativo ancora, per via della "mano" del direttore d'orchestra che, come è ampiamente riscontrabile nell'allestimento, proviene da una scuola e cultura teatrale diversa. Un fatto comunque positivo che va salutato come un'esperienza di crescita per gli stessi attori, costretti a uscire dal seminato di percorsi sicuri e conosciuti per tuffarsi in un bagno di nuova ricerca. La ribellione inutile del proletario soldato Woyzeck, vittima del potere e della società (un tronfio e vuoto capitano, un medico, folle Azzeccagarbugli e il supponente Tamburomaggiore) che uccide per gelosia la sua amante, la vedova Marie in tresca con l'odiato Tamburomaggiore, nelle mani di Scholch è diventato dramma di forti chiaroscuri e dai sapori acri. Un "Woyzeck" per certi versi attentissimo, quasi filologico, allo sviluppo della storia scritta da Buchner nel 1836. Calato cioè nella cronaca di quell'Ottocento contemporaneo all'autore, ingabbiato in caste protette da rigide barriere, dove i fermenti rivoluzionari e innovatori facevano fatica a penetrare. Impotente e senza armi contro quel muro, la rabbia del soldato diventa discesa verso l'inferno e la follia. Una mano che si leva armata di una lama contro la sua donna, la bella e sensuale Marie, capace di trapassare "con gli occhi sette calzoni di cuoio". L'incedere del lavoro è severo, giocato e risolto con geometriche scenografie di luci, dai tagli obliqui e dai coni ristretti. […]
LA NUOVA SARDEGNA, venerdì 25 marzo 1994

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