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Progetto
Speciale
Dicembre 1995
18
dicembre
Hans Otto Theater
FRAULEIN JULIE
LA
NUOVA SARDEGNA
20 dicembre 1995
UNA PASSIONE DI FINE SECOLO
"I miei personaggi sono il frutto di periodi culturali del passato
e del presente, pagine di libri, fogli di quotidiani, frammenti della
vita degli uomini, brandelli di vestiti e stracci, e tutti si scambiano
le loro idee". Così scriveva nel 1888 il drammaturgo svedese
August Strindberg nella sua celebre introduzione alla tragedia "Froken
Julie" - in italiano "Signora Giulia" andata in scena lunedì
sera al teatro delle Saline nella traduzione in tedesco di Peter Weiss
nella produzione dell'Otto Theater di Potsdam - per segnalare la sua scelta
naturalistica per il teatro, motivata dal forte bisogno di dare corpo
e parola a un'epoca di transizione segnata da forti contrasti. Ecco quindi
quelle persone "impastate di vecchio e nuovo" che si muovono
dentro i drammi dello scrittore svedese che riflettono l'epoca del cambiamento
dove "le idee moderne, mediante i giornali e la conversazione, siano
andatre infiltrandosi nello strato sociale in cui può vivere un
servitore". Modificazione quindi dei rapporti sociali, diversa stratificazione
delle classi, nuovi ceti emergenti e vecchi in declino. Proprio come accade
in "Signorina Giulia" dove la protagonista principale, figlia
di un'aristocrazia in decadenza ha un rapporto amoroso con il suo maggiordomo
Jean. Dove Julia, erede di una casta in disfacimento nel suo perdersi
non sa rinunciare a valori di un altro tempo che sono rimasti in piedi
giusto come dei simulacri (il senso di colpa per l'onore perduto). Dove
Jean, figlio di un tempo che sta cambiando è altrettanto incapace
di rinunciare ad essere servo, pur violando norme e regole non scritte
ma rispettate. Tra di loro sta la cuoca Kristina, "tutta sottomissione
e ottusità, acquistate davanti ai fornelli; rimpinzata di principi
morali e di religione che le servono da maschera e da giustificazione".
Terzo personaggio a latere di un lungo monologo, tra Julie e Jean, punto
d'appoggio di un dramma a due, messo quasi in disparte dallo svilupparsi
di una tragedia. Pur fedele a questa impostazione strindberghiana, la
regista Agelika Waller ne ha dato una lettura fortemente antinaturalistica.
Ben calibrata nei tempi e nelle azioni teatrali, l'allestimento dell'Otto
Theater è un sorprendente meccanismo a precisione dove come in
un turbillon, tutto viene travolto in velocità: differenze di classe,
passioni, sensi di colpa. Nel suggestivo scenario ideato da Jana Feiler,
una stanza spoglia, più simile a una soffitta, o una stanza da
giochi per bambini (intrigante la soluzione della porta gigantesca che
troneggia al centro della scena) una straordinaria Claudia Meyer (Julie),
un preciso Marian Wagner (Jean) e una efficace Frida Beraud (Kristina)
danno vita a rapide sequenze. Corpi a corpo tesi, morbosi e senza alcuna
possibilità di fuga. Preludi a un finale di partita senza appello.
Walter Porcedda
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