Giovedì 17 e venerdì 18 aprile 

 Compagnia Teatro Sassari 

La faradda di li macchi
di Leonardo Sole
regia di Giampiero Cubeddu.

con Mario Lubino, Teresa Soro, Chicca Sanna, Michelangelo Ghisu, Gianni Sini, Maurizio Giordo, Emanuela di Biase. Aiuto regia Alfredo Ruscitto, luci Marcello Cubeddu.

 

 

La faradda di li macchi” ispirato da “Il pozzo dei pazzi” uno degli spettacoli più innovativi nel panorama del teatro dell’identità è l’ultima grande regia di Giampiero Cubeddu, che con due autentici colpi di teatro costruisce uno spettacolo raffinatissimo di una bellezza struggente, commovente, in cui riesce a distillare le parole attraverso la forza delle immagini che crea nell’azione teatrale. E’ un testo, per certi versi, comico pur con situazioni tragiche estreme ed è senza dubbio uno dei lavori più interessanti di quella drammaturgia nazionale che affonda le sue radici nella cultura dell’identità. L’idea geniale di Leonardo Sole consiste nell’uso di forme di spettacolo basso, popolare all’interno di un genere alto. Uno degli aspetti più affascinanti è l’uso della lingua, la scrittura è cruda, minimale, triviale e pur struggente. L’elemento discorsivo viene trasformato nello strumento che analizza la realtà della vita, non in modo realistico, perché il realismo non può più coglierne l’essenza. Forse non c’è più posto neanche per la speranza, rimane la consolazione stoica espressa dai personaggi. Ciò che colpisce è la sintassi frantumata, quasi a voler sottolineare la scomparsa del significato del linguaggio. Siamo di fronte ad un vocabolario bestiale, osceno - l’opera è infatti consigliata ad un pubblico adulto - ma capace di esprimere, grazie all’uso della lingua sassarese, una poetica straordinaria ed inquietante che crea immagini. L’opera di Sole ha come protagonisti relitti umani, brutali ed indifesi, bestiali e fanciulleschi. Il loro spazio esistenziale è una discarica situata in un quartiere ghetto degradato come “Montelepre” negli anni 40/50. Ma questo spazio, grazie anche alla regia, non è realistico, si trasforma in un luogo immaginario, un incubo, un inferno.  Il linguaggio usato da Leonardo Sole pur attingendo alla quotidianità plebea, allo sberleffo, alla comicità greve, quindi ad elementi reali, non ha niente di realistico.

 

La trama. “Bisibisi” e “Zinzura” barboni uniti fra loro da un rapporto di amicizia, ma anche di violenza incontrano “Sorighitta” la matta che vive acchiappando mosche e possiede una gallina di cui è profondamente innamorata.  I due cercano di rubargliela per potersela mangiare. Dopo vari tentativi ci riescono, ma quando stanno per tirarle il collo, rinunciano dopo un bestiale alterco, perché “Bisibisi” scopre di essersene innamorato.  In parallelo “Gavino” e “Maria”, due giovani innamorati in fuga, che finiranno tragicamente; “Peppino” e “Giuannina”, una coppia di storpi che vive di espedienti, improbabili musicisti che possiedono una chitarra scordata e cantano storie d’amore. Sono storie che s’intrecciano come nel “Sogno Shakespeariano”, senza confluire una nell’altra, unite solo dal luogo che le ospita e dalla durezza estrema della vita al limite della sopravvivenza.