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Estratti stampa - Come vent'anni fa
Angelo Porru
IN POLLERIA ELISABETTA SOGNA MARILYN
[
] Teatro che gioca a riflettere
se stesso, questo di "Come vent'anni fa". Ma il
palcoscenico, nella produzione appena sfornata dalla compagnia
Akròama, sembra un'arena dei sentimenti piuttosto che
la palestra di emozioni artificiali. Inseguendo la Grecia
classica di Euripide appaiono donne e situazioni dei giorni
nostri disorientati. Sotto la tunica di Ecuba, ruolo affidato
all'interprete per hobby, battono le incertezze di chi s'è
trovato quasi estraneo al mondo dove abita. Le angosce delle
deportate troiane sono i dubbi nati dal femminismo. Gli orrori
di una guerra fra eroi epici rimpiccioliscono nello squallore
di un impiego fra i banchi frigoriferi di una polleria. La
violenza di stupri e schiavitù scolora nei rapporti
agitati del dopo-rivoluzione sessuale. Tutto diverso rispetto
a vent'anni fa. Allora si arrossiva per uno sguardo esplicito,
i desideri lottavano contro una castità obbligata se
non sentita. E la battaglia ai tabù era spesso una
cosa sola con le passioni della politica. Il testo di Lelio
Lecis non esita di fronte a questo incrocio di privato e ideale.
Inutile, però, cercare l'ennesimo flashback di tempi
felici e perduti. Le storie di ieri servono per sforzarsi
a parlare dell'oggi. I ricordi di approcci sgraziati, di amori
col senso di colpa, di palpiti proibiti, illuminano le debolezze
inconfessabili di una generazione che ha preso ormai moglie
o marito. Scoperti i loro altarini, ecco i reduci delle assemblee
infuocate tornare soddisfatti da una Bangkok "tutto compreso".
Continua, dunque, la vena felicemente scavata fra le sabbie
di "Storiafinta". E' un'ispezione dentro quei territori
strappati alle cronache con cui sempre più raramente
s'impegna la scrittura teatrale. Alle visite meglio riuscite
spetta il premio di cogliere climi e certezze in cambiamento.
E l'obiettivo viene centrato dall'opera con la Podda in assolo.
Sola ma sdoppiata, questa maestra di espressività corporea
riesce a dominare anche una lunga navigazione sulla parola.
Ecuba e la commessa che dovrebbe portarne i panni sono due
esercizi acrobatici sul filo della scissione schizofrenica.
Migliorati i ritmi della loro interdipendenza, saranno un
rebus per la platea. Che nemmeno le canzoni di Bob Dylan,
o lo scenario di tragedia modernista, vorranno scindere tra
i personaggi e la loro artefice e regista.
LA NUOVA SARDEGNA, 25 novembre 1990
Si.T.
ATTRICE, POI COMMESSA E L'ESISTENZA DIVENTA SCHIZOFRENIA
Il tradizionale litigio tra vita reale
e teatro torna ancora una volta alla ribalta. Il testo di
Lelio Lecis racconta infatti la storia di una donna che divide
la propria esistenza tra un banale lavoro di commessa in una
pelleria ed il ruolo di Ecuba, interpretato su un palcoscenico
di provincia. "Come vent'anni fa", di scena questa
sera alle 21 presso il teatro Gebel Hamed di Erice, si dilunga
attraverso tanti episodi della vita della protagonista che
ricorda, stimolata dall'apparizione improvvisa, in platea,
di un vecchio conoscente. Le memorie sedimentano e si mescolano
alla trama della tragedia. Il gioco di identità, la
perdita di quest'ultima, sono lo specchio della difficile
condizione esistenziale in cui il personaggio si dibatte.
Il monologo si fa strada ed Ecuba attrice-donna si stringe
sempre più nel suo mondo, al limite della schizofrenia,
sul filo delle musiche di Bob Dylan. [
]
GIORNALE DI SICILIA, 24 maggio 1990
Marco Manca
AMARCORD PER UN'ATTRICE
[
] Dalla fiammiferaia di "Mariedda"
(1981) alle danze di "L'ultimo sogno di Balloi Caria"
(1983), dai videopensieri de "La stanza" (1986)
al più recente "La casa della madre" (1989),
il suo percorso artistico è sempre stato legato a doppio
filo con quello di Lelio Lecis. "Solo che allora - dice
l'attrice - davo corpo ai fantasmi, giocavo con emozioni che
per stare in scena avevano bisogno d'esser completamente trasfigurate.
In questo lavoro racconto storie di gente comune, un'attrice,
il suo mestiere e le digressioni dei ricordi nella vita privata.
E' come se invitassi il pubblico a spiare dentro la testa
di chi gli sta di fronte. Per catturarne più le svagatezze
che le nevrosi". [
]
L'UNIONE SARDA, venerdì 23 novembre
1990
Ottavio Olita
[
] Un'idea semplice, ma che ha delle
genialità. Un racconto di terribile solitudine, in
forma di monologo, dialogato con un interlocutore non si sa
se esistente, irreale, fantastico. Una solitudine presente
non soltanto all'interno della narrazione diretta, ma anche
in quella indiretta: l'interpretazione del ruolo di Ecuba
che sta per essere tratta in schiavitù da Agamennone,
dopo la sconfitta e l'incendio di Troia. Un grande dramma
s'interseca con quello più piccolo, ma non meno profondo,
di una commessa di polleria che si diletta di teatro e vede
o immagina, nel corso di una prova aperta al pubblico, di
incontrare lo sguardo di un vecchio amore o di un semplice
conoscente con il quale ha scambiato qualche battuta tanto
tempo prima. I ricordi si assommano e si accumulano come sabbia,
una dolente disperazione è la condizione quotidiana.
Questo personaggio trova in Elisabetta Podda una straordinaria
maschera espressiva. Il testo a volte raggiunge slanci poetici
commoventi, a volte sufficientemente ironici per indurre alla
risata. [
]
Da un servizio di RAITRE
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