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Estratti stampa - Il deserto dei Tartari

Roberta Sanna
UN'ALLEGORIA DELLA VITA

[...] Il racconto nitido e lineare, l'atmosfera kafkiana che avvolge in un alone di mistero una vita consumata nell'attesa, la potenza simbolica del paesaggio - una fortezza sospesa sul deserto ignoto - sono gli echi che risuonano più fortemente nell'opera, fra le più note di Buzzati. Autore della riduzione drammaturgica è Guido Davico Bonino, che compie un attento lavoro di "asciugatura" del testo, componendo e accorpando quelli che saranno i personaggi di contorno per esaltare la centralità del tenente Giovanni Drogo, protagonista e narratore al tempo stesso. Questa scelta, in linea con il testo, sottopone a qualche impaccio iniziale l'interprete, l'attore Valeriano Gialli, che risolve però con buon equilibrio lo sdoppiamento e porta il peso dello spettacolo. Una non facile impresa, volta a rendere credibili gli aspetti metafisici della vicenda, i toni umanissimi, a volte lirici e crepuscolari, e a sostenere al contempo le descrizioni dei paesaggi e delle atmosfere esterne e interiori, che nella struttura del romanzo rivestono importanza primaria. Vanno del tutto perduti, nella ferrea sintesi che misura circa un'ora e un quarto di rappresentazione, quegli episodi (il sogno, la morte di Lazzari e poi di Augustina, e altri minori), che nell'accumulazione di segnali evocativi danno forza ossessiva all'allegoria costruita da Buzzati. Decisa, la scelta registica esalta la nitidezza e i colori della visione, fissando i personaggi in figure stagliate su un fondale illuminato dalle tinte dominanti del romanzo, cielo stellato o azzurro dell'alta montagna, giallo ocra delle mura che circondano la fortezza. Suggestiva, la scenografia si muove su diversi livelli, sospendendo un camminamento di ronda su uno spiovente di tegole, esaltando l'effetto di "apparizione" dei personaggi, quasi si trattasse di un sogno, se non già di un incubo. La separazione è in "capitoli", quadri divisi da stacchi nel buio e richiamati dal suono delle trombe ("le famose trombe d'argento della Fortezza Bastiani") e il tentativo è di comunicare il trascorrere del tempo.
LA NUOVA SARDEGNA, sabato 25 febbraio 1995

Massimiliano Rais
LUNGA ATTESA SENZA NEMICI PER I SOLDATI DELLA FORTEZZA

[...] Il deserto dei tartari della compagnia Akròama, è accattivante al punto giusto, anchre se la necessità di comprimere il romanzo per adattarlo alle esigenze della scena attenua la ricchezza e la vastità del testo: molti personaggi vengono eliminati (Augustina, per esempio) e l'intricata psicologia che governa un romanzo molto introspettivo talvolta non risalta come dovrebbe. Lo spettacolo tuttavia ha un plot coinvolgente e un'anima ben caratterizzata. Merito del regista Lelio Lecis e anche del protagonista Valeriano Gialli che interpreta, rimarcando smarrimenti e dolori, il ruolo di Giovanni Drogo. La scena è un quadro congelato della vita nella fortezza: gli attori si muovono tra ridotte, casematte e fortini. [...] Uno dei momenti migliori dello spettacolo è il lento disperdersi di Drogo nell'oscurità della morte. Un giorno solo, quello fatale, nobilita tutte le ore trascorse nella Fortezza Bastiani ad aspettare improbabili nemici.
L'OPINIONE DELLA SARDEGNA, sabato 25 febbraio 1995

Silvia Siena
FORTEZZA KAFKIANA
CHIUSURA CON UNO SPETTACOLO RIUSCITO - EFFICACE LA TRASPOSIZIONE TEATRALE DEL "DESERTO DEI TARTARI" DI BUZZATI

[...] Uno spettacolo pulito, essenziale ed efficace: "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati. La riduzione teatrale scelta dal regista Lelio Lecis - abituato a misurarsi con opere letterarie - è quella di Guido Davico Bonino, che ha asciugato il testo, togliendo alcuni personaggi per concentrare la vicenda sul tenente Drogo (Valeriano Gialli) e sui militari della Fortezza Bastiani: il comandante Ortis (Marcello Enardu), il medico (Raffaele Chessa), Simeoni (Marco Pisano), il sarto (Giovanni Loi). La scena è ambientata su un tetto della fortezza, di notte. Una buona scelta temporale, perché la notte è culla dei pensieri più intimi, di paure e speranze, che sono la vera linfa di questo famosissimo romanzo, il quale, al di là dell'ambientazione militare, è in realtà una meditazione sulla monotonia della vita, sull'attesa inconfessata della morte. Efficace, anche se non chiaramente percettibile all'occhio dello spettatore meno attento, la costruzione della scenografia (di Valentina Enna) che ricorda una macchina per scrivere stilizzata, con le tegole del tetto che evocano i tasti e il camminamento di ronda la striscia del rullo, che si frastaglia nella scala esterna, a destra, come fosse uan manopola. Il regista Lelio Lecis valorizza ogni personaggio, che si staglia nitido sulla scena in controluce rispetto al fondale: sembrano figurine nere su un fondale illuminato da un azzurro intenso o da un giallo ocra come le mura delle fortezza. Le scene di interni o esterni vengono diversificate proprio dalle luci ben calibrate, e dagli squilli di tromba, sulle musiche di Franco Saba. Drogo ha il doppio ruolo di protagonista e narratore, e viene interpretato con padronanza dei vari registri, da quello lirico a quello meditativo crepuscolare, da Valeriano Gialli. [...]
L'ARENA, domenica 23 aprile 1995

Ugo Ronfani
DAVICO BONINO FA RIVIVERE DINO BUZZATI

IL DESERTO DEI TARTARI, di Dino Buzzati (1906-1972). Riduzione teatrale (esperta) di Guido Davico Bonino. Scena (allusiva di luoghi militari) di Valentina Enna. Costumi (divise 14-18) di Marco Nateri. Regia (realismo magico di sobrie suggestioni) di Lelio Lecis. Con Valeriano Gialli (intenso tenente Drogo), Marcello Enardu, Raffaele Chessa, Giovanni Loi, Marco Pisano. Produzione Akròama. Al Teatro delle Saline, Cagliari. [...] Il ruolo del tenente Giovanni Drogo, che nella fortezza "inutile" e dimenticata consumerà l'esistenza fino alla morte, quando arriverà l'invisibile Nemico, appartiene al giovane attore Valeriano Gialli. Egli rende bene, con accensioni romantiche e astratti furori, gli smarrimenti e i rovelli del giovane ufficiale che si esalta, prima, nell'attesa dell'avventura militare, tra ingigantite curiosità e sogni di gloria, per darsi poi prigioniero del tempo, fino all'assunzione del comando della fortezza, fino alla disillusa vecchiaia e alla morte in solitudine. La regia è spoglia, come si deve in una storia allegorica che non vuole ingombri realistici: spiovente di tegole verso il proscenio a indicare l'altezza del luogo, piani scenici per situare i momenti della vita di guarnigione, squilli di trombe, cadenze di marce, sagome di fanti in un Carso mitologico, guizzi di baionette, bagliori rossi della lontananza desertica, stellati delle lunghe notti e nevicate dei lunghi inverni. [...] Una sensibilità lirico crepuscolare pervade l'allestimento. E colpisce l'attenzione del pubblico che frequenta il Teatro delle Saline: un edificio anni 30 benissimo restaurato dal gruppo Akròama con l'ausilio di giovani pittori e scenografi. Il "Deserto dei Tartari" non è, a Cagliari, il deserto del teatro: tutt'altro.
IL GIORNO, sabato 4 marzo 1995

Gian Luca Favetto
IL NULLA ALL'ORIZZONTE DEL TENENTE DROGO

Piantato lì, nell'attesa e nella solitudine. Come in una palude. Per mesi, anni. Per una vita intera. Questo capita a Giovanni Drogo che, nominato ufficiale, una mattina di settembre lascia la città per raggiungere la Fortezza Bastiani, la sua prima destinazione. Prima e unica, come racconta Dino Buzzati nel "Deserto dei Tartari". Ah, i Tartari, che non arrivano mai, che sono laggiù, oltre l'orizzonte, oltre il confine, e rimangono nascosti e non attaccano. Niente. Per tutti i Drogo del mondo c'è un orizzonte da cui non compare nulla. Questo nulla che beccheggia in panne laggiù è la sconfitta. Nemmeno la sconfitta si degna di arrivare: rimane ai margini, a portata d'occhi, non di carne. Rimane la morte, allora, come liberazione: da affrontare con un sorriso. I Tartari sono i Godot della letteratura. La loro attesa è la stessa (solo un po' meno divertente, forse, ma altrettanto surreale e dolorosa) che si consuma per il fantasma beckettiano, padrone dei teatri con la sua assenza. A far arrivare in teatro i Tartari di Buzzati, soltanto in forma di evocazione, naturalmente, è il Teatro Laboratorio Sardo Akròama che fino a domenica presenta allo Juvarra "Il deserto dei Tartari" nella riduzione di Guido Davico Bonino, impianto scenico (semplice e affascinante) e regia di Lelio Lecis. [...] Squilli di tromba e bui scandiscono il passare del tempo. Le parole danno notizie e comunicano stati d'animo seguendo le pagine del romanzo. Lui, sempre lì, soltanto impegnato a guardare, a sopportare il lavoro dei giorni, delle ore, dei minuti. Consuma la sue esistenza da sentinella. Non fa nulla. Se anche facesse tutto, sarebbe uguale.
LA REPUBBLICA, sabato 4 maggio 1996

Elio D'Amico
LA LUNGA ATTESA DEL TENENTE

Metafora della vita, la commedia come il libro, è una meditazione sulla monotonia dell'esistenza stessa, sull'attesa inconfessata della morte; e la stessa ambientazione notturna non è una scelta casuale, poiché la notte è culla di pensieri più intimi, di paure e speranze. Il testo teatrale ha conservato l'atmosfera kafkiana, ma nel reinventare la trasposizione scenica il regista Lelio Lecis si è spinto ben al di là dei significati del romanzo, per andare a mettere a nudo le radici che l'hanno generato: Buzzati è stato a lungo redattore del Corriere della Sera ed in lui hanno scavato un profondo solco la noia delle lunghe notti passate in redazione. E così Lecis ha pensato di realizzare una scena che rappresentasse, con lo sfondo di un cielo stellato, i tetti spioventi e i camminamenti militari della fortezza, ma congegnata da dare l'immagine di una macchina da scrivere.
LA SICILIA, venerdì 10 maggio 1996

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