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Estratti stampa - La stanza
C.M.P.
IMMAGINI DI VITA E DI MORTE
Poco più di quaranta minuti. Breve
come una folgorazione tragica, "La Stanza" di Lelio
Lecis, ispirato a un testo giovanile di Robert Musil, è
forse uno degli spettacoli più intensi e sconcertanti
nel quadro della recente sperimentazione teatrale. Quattro
personaggi nel chiuso di un immenso cubo limitato da una fuga
di tegole e da una scala verso la luce, sullo sfondo di una
finestra che è il quadro del mondo dentro cui si compongono
immagini di vita, di libertà, di morte... L'atmosfera
della campagna e delle tradizioni sarde sembra levare attorno
a questa stanza di città i muri di una prigione inviolabile.
E' una musica continua, insistente, un canto lacerato, le
voci distorte: quattro personaggi per ricostruire la memoria
e l'angoscia di un delitto. L'uomo che ha ucciso la sua donna
infedele, la ritrova come un rimorso vivente e ne è
straziato: il teatro sfiora ritmi e sequenze di cinema, in
una serie di suggestioni da film horror. Finché la
"storia" si tronca, improvvisa, senza una ragione
apparente, come improvviso e senza ragione è un sogno
popolato di visioni tormentose.
FAMIGLIA CRISTIANA, 25 marzo 1987
Paolo Lucchesini
IL MONDO IN UNA STANZA
Il gruppo Akròama è, senza
dubbio, uno dei giovani complessi più credibili del
teatro di ricerca: non imbroglia le carte, come molti che
conosciamo, divertendosi (ma non divenendo affatto, anzi annoiando
mortalmente) con il gioco risaputo della negazione del teatro.
L'Akròama fa teatro con impegno, cercando di mediare
le proprie radici culturali (un feeling antropologico con
la propria regione, la Sardegna) con linguaggi alieni da corrivi
folclorismi, tendenti a realizzare una drammaturgia autonoma
in cui parola, gesto, spazio, musica hanno un rapporto paritetico.
[
] La stanza, che dà il titolo allo spettacolo,
è la protagonista, condizionando totalmente i personaggi
con la sua struttura animata da porte e finestre che evocano
fantasmi, sogni, ricordi, atmosfere marcate da vapori, luci
e colori. Storia di amore e di morte. [
] "La Stanza"
non manca certo di forti suggestioni, dalle apparizioni che
sfilano su un livido fondale in viola ai tagli di luce che
si materializza al pulviscolo diffuso per tutta la sala fino
alla plasticità di alcuni tableaux. Ragguardevole la
prestazione dei quattro interpreti.
LA NAZIONE, sabato 13 dicembre 1986
Leonardo Sole
LO STRUGGENTE RICORDO DI UNA STORIA D'AMORE VISSUTA NELLA
MEMORIA
Lelio Lecis prosegue con "La stanza"
la sua ricerca d'un teatro di immagine, con la parola scarnificata
fino all'osso e un uso intelligente degli spazi e della musica.
[
] Una scelta forse obbligata, data la struttura polifonica
estremamente complessa e difficilmente riducibile alla dimensione
teatrale del testo di Musil. Musil ha infatti inventato con
quest'opera un linguaggio di straordinaria complessità
e intensità poetica: un incessante proliferare di metafore
intorno ad alcuni temi chiave, senza possibilità alcuna
di discorsi o "storie" finite. Musil costruisce
le sue storie-senza-storia a partire da un punto di vista
interno, partendo non da fatti ed eventi, ma da sottilissime
percezioni, sensazioni e sentimenti. [
] Lecis ha scelto
una via di mezzo, rinunciando quasi subito alla dimensione
semantica della parola e giocando le sue carte su una bellissima
scenografia, su una musica ossessiva ed efficace e su un calibrato
gioco di luci che attutiva, smussava e smaterializzava corpi
e oggetti. Ciò che era magmatico e fluido si risolve
in bellissime figurazioni e quadri pittorici da gustare, come
su una parete di museo, il movimento diventa stasi, alla musica
e alle luci è affidato il difficile compito di coniugare
in discorso organico, saldando le suture e i nessi, ciò
che l'impianto scenico presenta come preziosità e frammento.
LA NUOVA SARDEGNA, sabato 7 febbraio
1987
Giovanni Piattini
A LUME DI CANDELA FRA INCUBI E FANTASMI
Costruito quasi con tecnica cinematografica,
lo spettacolo è suddiviso in piani di sequenza concatenati.
L'elemento recitativo passa in second'ordine, tranne l'ultima
scena, lasciando posto all'azione, al movimento, al gesto.
E un ruolo di rilievo lo gioca la musica, oppressiva, incalzante,
quasi uno spartito per gli attori.
CORRIERE DI FIRENZE, venerdì
12 dicembre 1986
Fiorenza Ferretti
GIALLO HORROR A TEATRO CON AKROAMA
In questa storia, piena di pathos e di
aggressività, di pessimismo apocalittico, di angoscia
esistenziale, traspare l'intenzione del regista Lelio Lecis
di adombrare il clima e le passioni della propria terra. Quello
spazio circoscritto in cui la vicenda si consuma è
la metafora di uno spazio separato, chiuso al contatto esterno,
disperatamente attaccato al proprio passato. [
] In un
clima ossessivo, visionario, angosciante, il tema erotico
si mescola al macabro e all'onirico. L'uomo rievoca le circostanze
dell'omicidio, lo rivive attraverso una serie di incubi che
si manifestano attraverso l'unica apertura ricavata nella
stanza: un'enorme finestra nella parete di fondo che sembra
aprirsi sul vuoto.
IL TIRRENO, mercoledì 21 gennaio
1987
Marco Manca
LA VIDEOSTANZA DI LECIS
"Dodici febbraio: il ricordo di averla
ammazzata...". E' l'inizio di un serial della memoria.
Un film a puntate scandito dalle pagine accartocciate di un
diario, la musica di un clavicembalo elettronico che sale
vertiginosamente di tono per "gelare" i momenti
culminanti dell'azione. Una sequenza per ogni puntata, un
fascio di luce per ogni sequenza: l'ombra accasciata che da
sfogo al passato, il carro mortuario che passa lento sullo
sfondo di una finestra trasformata in schermo technicolor,
la gestualità spezzata di una madre in eterna e complice
attesa, i contorni violenti di una donna che sale lenta una
rampa di scale, l'omicidio che rimette in ordine la coscienza
dopo l'amore tra la bella e la bestia.
L'UNIONE SARDA, martedì 3 marzo
1987
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