Akròama
MEDEA
di Patrizia Filia
Con
Elisabetta Podda
Alice Capitanio
Spazio scenico e costumi
Lelio Lecis
Regia e messinscena
Lelio Lecis
Debutto: novembre
2000
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Patrizia Filia riesce
a dare a Medea un significato persistente e attuale. Non
è più l'estroversa nipote del sole, ma l'introversa
figlia della luna. Se ciò la rende vulnerabile, la
sua ricerca conduce più lontano. La narrazione di
Medea è schietta. Ci racconta del suo primo incontro
con Jason, del suo tradimento e della traccia tragica che
lasciò dietro di sé, poiché confuse
la passione con l'amore. L'ultima parte del monologo, scritta
con la distanza necessaria data dalla terza persona, evidenzia
la furia e la follia alle quali Medea non poté sfuggire.
Nella messinscena di Lelio Lecis viene rafforzato questo
sdoppiamento di Medea, attraverso l'utilizzo di due interpreti.
Una Medea più giovane e contemporanea e l'altra più
vicina alla Medea Classica che utilizza un linguaggio epico.
Una Medea lunare abbandonata a se stessa, quasi vittima
degli eventi ineluttabili, ed un'altra solare, forte, decisionista,
condannata però dalla storia a rivivere pirandellianamente
la stessa tragedia, ogniqualvolta qualcuno la ricordi. Teatro
nel teatro quindi, dove una non è necessariamente
l'interprete e l'altra osservatrice, ma rappresenta un ruolo
che si interscambia.
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