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Estratti stampa - Sguardo occidentale
SGUARDO SULL'OPERA DI PECHINO
TRE ECCEZIONALI SPETTACOLI CON ALCUNI ATTORI DELLA CELEBRE
TRADIZIONE CINESE - IN RARISSIMA COMPRESENZA CON GLI ATTORI
ITALIANI DI LECIS
Un notevole evento spettacolare si annuncia
al Teatro Laboratorio stasera, domani e mercoledì,
con gli attori dell'Opera di Pechino che per la prima volta
in assoluto sono stati dati "in prestito" dall'austera
istituzione cinese ad una compagnia occidentale. [
]
In questa fase dei lavori (che vede protagonisti - come si
è detto - attori occidentali e attori dell'Opera di
Pechino impegnati in un continuo e reciproco scambio di codici
teatrali) è stato particolarmente approfondito lo studio
e la ricerca sulle figure femminili nel linguaggio dell'Opera
di Pechino. Il "work in progress" si arricchisce
così di ulteriori elementi drammaturgici che esaltano
il fine del progetto e donano alla messinscena nuove atmosfere
di forte impatto narrativo e visivo. La ricerca sulle tipologie
femminili orientali è stata incentrata sulla figura
della concubina tradotta nel linguaggio occidentale e interpretata
secondo questa riscrittura, da Liu Shan Li, protagonista anche
di numerose opere moderne, tra cui il grandioso spettacolo
per la città di Pechino realizzato in occasione delle
celebrazioni per il Capodanno cinese del 7 febbraio 1997.
Un allestimento ricco di suggestioni, che comprende tre brani
del repertorio tradizionale dell'Opera di Pechino (i celebri
"Il ponte dell'arcobaleno", "Addio mia concubina"
e "L'incrocio"), ma anche un "Ulisse nell'isola
di Calipso", scritto dallo stesso Lecis pensando all'"Odissea"
di Omero.
L'ARENA lunedì 14 aprile 1997
Roberto Cossu
UN PONTE CON LA CINA
NASCE UN LABORATORIO EUROPA-ORIENTE
I contorni sono alti ma ancora indecifrabili,
forse al momento sarebbe più esatta la definizione
di "laboratorio internazionale". O di "work
in progress", col senso (positivo e affascinante) dell'avventura
artistica. Da seguire con attenzione, comunque, l'operazione
lanciata (e guidata) da Lelio Lecis, leader di Akròama
e sempre più calato nella parte di teatrante in cerca
di nuovi confini. Da Cagliari alla Germania e ora un "contatto"
solido con l'Opera di Pechino, già ammirata l'anno
scorso alle Saline. In concreto, nasce una sorta di "villaggio"
teatrale a più voci: dal 27 dicembre fino al prossimo
aprile, nella sala delle Saline e al centro Akròama
di Monserrato (ma non sono escluse incursioni in Germania,
a Potsdam e Magonza), lavoreranno fianco a fianco attori cinesi,
tedeschi e sardi, con un buon numero di musicisti, orchestrali,
tecnici, traduttori. Si parla di "laboratorio",
perché il primo passo, ha spiegato lo stesso Lecis,
"è quello di riuscire a mettere insieme attori
che hanno differenti culture teatrali".
L'UNIONE SARDA venerdì 20 dicembre
1996
Walter Porcedda
MITI D'ORIENTE E D'OCCIDENTE
LELIO LECIS GUIDERÀ ALCUNI ATTORI DELL'OPERA DI PECHINO
E' la prima volta in assoluto che l'austera
istituzione cinese "presterà" i suoi attori
per una produzione teatrale. E a suggellare questa importante
decisione, proprio l'altra mattina alle Saline c'erano la
direttrice dell'Opera di Pechino Wang Yu Zhen, il responsabile
culturale della città di Pechino Wu Jiang (accanto
all'assessore alla cultura regionale Efisio Serrenti, il sovrintendente
dell'"Hans Otto Theater" di Potsdam, Stephan Marki
e l'attrice tedesca Claudia Meyer) che ha spiegato come oggi
ci sia in Cina "un forte interesse e una grande curiosità
per scambi di questo tipo". Una voglia "ad aprirsi
che fino a poco tempo fa nel nostro paese non esisteva"
e che è stata "stimolata dal progetto messo a
punto dal regista sardo".
LA NUOVA SARDEGNA sabato 21 dicembre
1996
G.Z.
AKROAMA - OPERA DI PECHINO
Il fascino del teatro. Quasi improvviso,
nei primi giorni della settimana, è approdato al Laboratorio
uno spettacolo assolutamente magico, sia sotto il profilo
eminentemente teatrale che sotto quello culturale. Reduce
dall'essersi esibito al Teatro di Grotowski, Lelio Lecis e
il suo gruppo hanno fatto tappa a Verona per raccontare, davanti
a un Teatro Laboratorio gremito, una straordinaria esperienza,
la prima del genere sul palcoscenico europeo: mai prima d'ora,
infatti, gli artisti dell'Opera di Pechino erano entrati in
contatto con una compagnia occidentale, per cercare insieme
le affinità e le diversità dei due linguaggi
teatrali. Un'esperienza esaltante, specie per gli attori cinesi,
tradizionalmente utilizzati, per esigenze commerciali, più
come acrobati che come interpreti. Condotto per mano dalla
straordinaria e colta sensibilità di Lecis, che presentava
al pubblico i vari "numeri" e le varie forme della
ricerca, il variegato cast era teso a cercare di compenetrare
la scarsissima espressività orientale, che tradizionalmente
gioca sulla fissità della maschera, riservando il linguaggio
al gesto, con la lucida interiorità del teatro occidentale,
evocato per l'Akròama di Sardegna da quella strepitosa,
intensissima interprete che è Elisabetta Podda. [
]
Operazioni e ospitalità come questa sono preziosità
uniche che fanno la storia del Teatro Laboratorio.
IL VERONESE domenica 27 aprile 1997
Roberta Sanna
CONFRONTI TEATRALI TRA SARDEGNA E CINA
Il progetto coordinato da Lelio Lecis
cerca un contatto tra rigidi codici tradizionali e ricerca
scenica.
All'ingresso della sala-prove un'attrice agita una spada sorridendo;
nell'altra sala, sotto lo sguardo attento dei compagni, un'altra
attrice ripete una sequenza di gesti al ritmo di una musica
orientale. Poi inizia il training acrobatico, formidabile
prova di precisione e destrezza. Si sta svolgendo a migliaia
di chilometri dal loro teatro l'esercizio quotidiano degli
attori dell'Opera di Pechino. Siamo infatti all'Akròama
di Monserrato, ma anche "In Cina", cioè nell'ambito
dell'ambizioso progetto del Centro diretto da Lelio Lecis.
E' la prima volta che alcuni attori dell'Opera di Pechino
lavorano sotto la direzione di un regista occidentale. L'aspetto
più interessante del progetto, che prevede in una seconda
fase la realizzazione di uno spettacolo, sta proprio nel tentativo
di sperimentare una messa in scena che renda omogenei, anche
se distintamente riconoscibili, il metodo occidentale e il
linguaggio teatrale dell'Opera di Pechino. Questo genere teatrale
tradizionale ha una forma codificata, in cui i gesti, l'impostazione
della postura fisica e della voce, caratteristiche di ogni
ruolo, sono "fissate" dai maestri secondo precise
regole. In questi incontri, il regista che ha proposto agli
attori una propria rielaborazione dell'Odissea, sta lavorando
ad un dialogo tra Calipso e Ulisse. I primi minuti della messa
in scena colpiscono per l'intensità della presenza
dei due attori, per la sensibilità, l'intima partecipazione
che si comunica dai gesti e dalle affascinanti sonorità
vocali. [
] Il clima è quello dello scambio, in
cui è importante la discussione, sia con il regista
che con gli attori dell'Akròama coinvolti nel progetto
in cui si cerca di approfondire anche gli aspetti teorici.
LA NUOVA SARDEGNA mercoledì 15
gennaio 1997
Vittorio Marcelli
SGUARDO OCCIDENTALE - RIVOLUZIONE IN SCENA
Il sipario si apre su un cielo stellato:
malinconico sfondo che piano perde il suo profilo netto, confuso
da una nebbia celestiale. La musica avvolge la nebbia che
avvolge le stelle. Per qualche minuto tutto rimane sospeso
nel mistero dell'attesa. Emozionante preludio all'entrata
in scena della ninfa del mare. Un'attrice dell'Opera di Pechino
che, coperta di tessuti leggeri, danzerà, canterà
e farà danzare i suoi abiti nel cielo. [
] Un
collage di classici della tradizione orientale e frammenti
della tragedia greca, abilmente riscritti e tra loro armonizzati,
al servizio di un coraggioso obiettivo: far dialogare e interagire
i codici del teatro occidentale con la millenaria tradizione
drammaturgica orientale. Sul palco attori sardi e attori dell'Opera
di Pechino. Due mondi a confronto. Due pianeti che si avvicinano
in un territorio di confine in cui non vi sono più
barriere a intrappolare l'espressione artistica. [
]
Ogni quadro, eccezionalmente carico di una magnetica forza
visiva, è scandito dall'intervento del regista in sala
che decodifica i segni presenti nei frammenti scenici. La
bellezza dei costumi, del trucco, che come una maschera vivente
asseconda l'impeccabile mimica, trova così la sua ragione
antropologica e culturale. [
] Lo spettacolo presentato
al Teatro delle Saline, già eccezionalmente affascinante
di per sé per l'originale riscrittura e reinterpretazione
dei classici, per i coraggiosi scambi di ruolo tra attori
sardi e attori dell'Opera di Pechino, ha regalato al pubblico
un'ulteriore momento di straordinario interesse con la partecipazione
di Mei Bao Jiu e Mei Bao Jue, figli del celeberrimo Mei Lan
Fang a cui si deve l'arricchimento e la reinvenzioni di molti
moduli drammaturgici dell'Opera di Pechino. Specializzato
in ruoli femminili, Mei Lan Fang fu apprezzato anche in occidente
grazie alla tournée in cui si esibì esprimendo
la genialità delle sue illuminanti invenzioni. E geniali
si sono dimostrati anche i figli, prosecutori del lavoro e
della ricerca iniziata dal padre, che, senza costumi, trucco
e orpelli hanno ripercorso brevi tracce dei classici orientali.
Mei Bao Jiu, distinto signore settantenne, composto in un
rigoroso abito scuro, ha stupito e incantato facendo volteggiare
nell'aria un piccolo ventaglio, secondo la femminilità
codificata dell'Opera di Pechino. Prezioso saggio di una cultura
millenaria, prima della chiusura del sipario.
CINEMA & OLTRE n.12, novembre/dicembre
1997
Enrico Pieruccini
ULISSE APPRODA IN CINA
Alla base c'è un progetto di studio
triennale che Akròama - Teatro Stabile di Ricerca della
Sardegna sta conducendo a Cagliari. Da quel progetto sono
nate e stanno nascendo piéces che mettono a confronto
o fanno "interagire" esperienze di attori dell'Opera
di Pechino con quelle di attori occidentali. Nell'andirivieni
continuo di attori che in quel di Cagliari stanno vivendo
questa bella esperienza, al Teatro Laboratorio sono in scena
una decina di persone, metà cinesi e metà occidentali.
Due - uno cinese e l'altro della mitologia mediterranea -
gli episodi del raffronto proposti entrambi nella duplice
chiave di lettura "nostra" e pechinese. Uno è
quello di una vedova che deve rimboccarsi le maniche per l'educazione
del figlio, l'altro è il mediterraneo "Ulisse
nell'isola di Calipso". L'episodio cinese della vedova,
solare e composto nonostante lo spettro della povertà,
diventa, nella versione occidentale, un'intensa manifestazione
di una donna del popolo, scalza e addolorata sì, ma
anche lei composta nella sua fermezza di dare un futuro al
figlio. Interessante il raffronto tra la gestualità
più "rigida" e codificata della cinese e
quella più libera, più sanguigna, meno mediata,
dell'italiana. Per quanto riguarda l'episodio di Ulisse, spicca,
in entrambe le versioni interpretate da cinque attori, una
certa elaborazione: la versione occidentale diventa una vicenda
dei giorni nostri rivissuta come una fiaba raccontata alla
nipote, quella cinese uno spettacolare sviluppo dei secolari
canoni della tradizione già "ridisegnati"
negli anni '30-'40 da Mei Lan Fang. Un altro momento saliente
della serata, la dimostrazione - da parte di un'attrice occidentale
- di come certi canoni della tradizione cinese possano entrare
nella nostra. Raffronti e interconnessioni dunque, anche per
sfatare alcune inesattezze e luoghi comuni presenti persino
sui testi canonici e per aperture di cui il teatro, nel suo
divenire, ha bisogno. Anche per questo, "Sguardo Occidentale"
è uno spettacolo assolutamente da non perdere.
L'ARENA mercoledì 16 aprile 1997
Loredana Cacicia Biondo
TRA ORIENTE E OCCIDENTE UN FELICE MATRIMONIO DI STILI AL TEATRO
LIBERO
Si tratta del primo tassello di un work
in progress dedicato al teatro orientale e alle sue possibili
commistioni con quello occidentale. E' lo stesso Lecis che
conduce lo spettatore nel mondo misterioso dei codici utilizzati
dagli attori dell'Opera di Pechino con tre brevi stralci da
alcuni pezzi mitologici della loro tradizione che mettono
in rilievo, oltre alle acrobatiche capacità, le doti
caratteriali che li fanno distinguere in quattro tipi fissi:
la sposa fedele, la guerriera, il clown, e il principe. L'incontro
con gli attori occidentali viene esaltato ne "Ulisse
nell'isola di Calipso" ispirato all'"Odissea",
dove gli attori cinesi lavorano sui dialoghi e un'attrice
occidentale si confonde tra loro.
GIORNALE DI SICILIA lunedì 3
marzo 1997
Roberta Sanna
LA CINA SVELATA DAL TEATRO
Attraverso la scomposizione e ricomposizione
dei differenti meccanismi teatrali Lelio Lecis può
approfondire un'affascinante indagine sulle strutture dell'interpretazione
e del montaggio registica. Al secondo incontro pubblico cominciano
ad evidenziarsi le potenzialità di ricchezza creativa
insite nella contaminazione. Profonde differenze e affinità
di fondo affiorano nello scambio reciproco dei codici sperimentato
da differenti punti di vista. Si comincia con un brano tratto
da uno dei lavori tradizionali dell'Opera di Pechino proposto
dall'attrice tragica Zhang Ju Phing, in cui una concubina
vedova decide di educare il figlio. Il "monologo",
in cui coesistono danza, recitazione e canto, rivisto nell'interpretazione
occidentale e mediterranea di Elisabetta Podda si schiude
a toni poetici e di delicata tragicità che la compostezza
gestuale della versione originale lasciava oscuri al nostro
sguardo. Un'altra via su cui s'incammina la ricerca è
quella dell'improvvisazione e della costruzione di un pezzo
teatrale partendo dall'esperienza di lavoro con gli attori
cinesi. La giovane attrice della Scuola Akròama Alice
Capitanio dimostra in un breve saggio quanto i rigidi, ma
non inerti, codici dell'Opera di Pechino siano frutto di una
vera e vitale ricerca interpretativa e quindi possano essere
liberamente ed efficacemente interpretati. Parallelamente
la riproposta del brano "Ulisse nell'isola di Calipso"
da parte di Zhang Ju Phing e Huang Yan Zheng a circa un mese
dal primo incontro, ha evidenziato la straordinaria crescita
interpretativa dei due attori che sembrano aver introiettato
in maniera incredibilmente naturale, amalgamandolo senza forzature
alla propria preparazione, lo spirito teatrale occidentale.
Il segno più interessante della ricerca fin qui condotta
appare dunque la dimostrazione che culture in teoria così
lontane possano nella pratica scenica divenire produttivamente
omogenee all'interno di quello straordinario laboratorio creativo
che è il corpo-mente dell'attore.
LA NUOVA SARDEGNA sabato 29 marzo 1997
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