Torna alla scheda
Estratti stampa - Storiafinta
Osvaldo Guerrieri
CARTOLINE D'UN AMORE INVENTATO
[...] Scenari urbani e panorami naturali
si mescolano con ritmo serrato in questo copione molto minimalista.
C'è la Sardegna, vista quasi sempre dall'inquadratura
di un finestrino automobilistico, con spiagge deserte e rocciose,
strade, semafori, piogge improvvise, alberghi fuori mano.
E c'è un giovane che racconta l'incontro e l'innamoramento
con una ragazza californiana molto vitaminizzata e attraente,
una Bambina di Dio (setta molto diffusa una decina d'anni
fa): passione travolgente, amore travolgente sulla spiaggia
tra gabbiani e insetti, confidenze tenere in alberghetto che
la bassa stagione ha reso deserto. Poi l'abitudine, la caduta
del desiderio maschile, le lacrime e i tentativi di seduzione
femminili, il suicidio della ragazza, romanticamente e tempestosamente
eccessivo, dopo che lui la implora di non abbandonare l'appoggio
della scogliera e le promette salvezza con una barca, anzi
con un elicottero. E' una storia finta naturalmente; un'avventura
nata nella mente di chi la racconta. Non ce lo dice nessuno,
ma lo dimostrano i toni di Valeriano Gialli, l'impressione
di guardare continuamente una fotografia sovraesposta e la
periodica apparizione di Elisabetta Podda, che interpreta
la ragazza di Los Angeles dandole la rigidità delle
bambole: cammina con le gambe divaricate, se cade su un mucchio
di sabbia lo fa nel modo inarticolato delle bambole. E indossa
quell'ampio abito bianco a balze, sotto cui intravedi mutandoni
di pizzo. La finzione è sostenuta da Gialli con la
consueta duttilità dei mezzi espressivi. L'attore è
bravissimo nell'affidare alla voce la resa di un personaggio
intimamente fragile, il suo correre dietro ai miraggi, il
suo cedere alla mutevolezza psicologica, che passa dalla sfrontatezza
all'atonia. Una piccola perla, anzi una perla minimale.
LA STAMPA, sabato 12 Gennaio 1991
Angelo Porru
COME RIDERSI ADDOSSO
[...] A contornare questa follia amorosa
un dubbio: che sia solo il miraggio di una vita stufa di abitudini
e rituali? Solo la voce della passione, in effetti, garantisce
sull'autenticità. Ma anche le parole a cascata di Gialli
paiono sempre sul punto di ridersi addosso. Crederci o far
finta, questo è il dilemma. La grandezza dell'attore
consiste nel rinviare continuamente una presa di posizione.
Quando sarebbe il momento di scoprire le carte, un timbro
gigione, un sussurro ammiccante, una confessione loquace riaprono
il gioco. Perché proprio di gioco si tratta nel recitare
bluffando con la parte di playboy. Un bluff, appunto, che
giustifica una serie di passaggi ad alto rischio di banalità.
Se fosse serio e compreso nel ruolo, questo coniatore di romanticismi
da fotoromanzo risulterebbe più insostenibile dei moscerini
in riva al mare. Al contrario, una salutare distanza dal vero
rende persino brillanti le continue mitragliate di luoghi
comuni. Se ancora non bastasse, ecco la nevrosi di un bambinone
incallito a smorzare i toni. Con loro, coi testimoni spaesati
o scontrosi di stagioni difficili, il travet di Valeriano
Gialli condivide un destino ostinato. Gli eventi rimbalzano
addosso, schegge incontrollabili. Sia un albergo sbilenco
che uccide le notti erotiche, o un incidente rivelatore di
fobie inconfessabili, la congiura è in agguato. E si
sorride, giudici oppure coinvolti, di incertezze all'opposto
delle pretese da "macho" di un maschio latino. Yankee
nel cappellino da educanda, candida e serafica nei suoi slanci
di ottimismo religioso. Elisabetta Podda è il reagente
delle débacles sessuali. Più evocata che presente,
questa Jodie un po' santino corrisponde al partner parolaio
con la grazia di una bambola meccanica. Ed è l'ultimo
spunto, sui nostri climi agitati, di un'arguzia che si vorrebbe
anche nelle prossime produzioni di Akròama.
LA NUOVA SARDEGNA, martedì 21
Novembre 1989
Gianluca Favetto
RICORDI DA BAGNASCIUGA
Una spiaggia è la scena, con due
cumuli di sabbia come sedili. Da lì un uomo, solo,
guarda la platea come fosse il mare e racconta. Racconta e
rivive. Rivive e sogna. Manipola il ricordo per renderlo più
necessario a se stesso, al suo bisogno di espiazione. Forse
inventa. O forse ripete una lezione imparata a memoria. E
si accanisce perché le sue parole gli offrano una vera
ragione per esser vivo in quello che, ovunque, egli trovi
si trovi realmente, ovunque egli pensi o voglia trovarsi realmente,
è uno spazio teatrale.
LA REPUBBLICA, sabato 12 Gennaio 1991
Marco Manca
NEL GIOCO DELLA MEMORIA
[...] Dopo essersi felicemente ingabbiato
per anni nel regalare al teatro l'immagine di una Sardegna
cupa e misteriosa, stavolta il regista sardo abbandona almeno
per un istante il suo mondo d'origine e cambia tutto. O quasi.
Spariscono i riferimenti all'isola delle storie addolorate,
spariscono i chiaroscuri di luce. Adesso al posto di paesaggi
scrostati e muri sghembi c'è una distesa di sabbia
che rimanda ad un deserto telematico e luci blu che esaltano
artigianalmente l'indefinibilità di tempo e spazio.
L'UNIONE SARDA, giovedì 23 Novembre
1989
M.S.
"STORIAFINTA" ALLO JUVARRA
[...] Si erano conosciuti ad un semaforo,
una mattina piovosa. Lei, Jodie, era un'americana di quindici
anni, orfana e "Bambina di Dio", e distribuiva volantini
agli angoli delle strade. Un incontro casuale, una giornata
passata insieme sulla spiaggia. E ventotto giorni dopo, allo
stesso semaforo, lei era di nuovo lì ad aspettarlo,
questa volta per non lasciarlo mai più: sembra Amore,
ma presto si scoprono nevrosi e finzioni, e l'epilogo sarà
tremendamente amaro per Jodie, giù dalle scogliere
del Salto del Cavallo. Semplicemente questa, la "Storiafinta"
che ha scritto Lelio Lecis una decina d'anni fa come sceneggiatura
cinematografica, e destinata in origine al piccolo schermo.
Ma la costruzione scenica è più complessa, rispetta
in tutto la sua origine affidando all'attore, accanto ai dialoghi,
anche le didascalie: sappiamo da Gialli quale sia il mare
che fa da sfondo alla vicenda, il mare della Sardegna così
celeste: "da cartolina" nella bella stagione, impetuoso
e impietoso nei mesi morti. Riconosciamo le scogliere battute
dal vento, i paesaggi di stagni e canneti, le spiagge di margherite
e gli alberghi. Sono inquadrature, primi piani: momenti successivi
di un film che procede nella testa del suo unico personaggio,
narratore appassionato e commosso oppure ironicamente straniato.
Difficile la prova d'attore, ma Valeriano Gialli - interrotto
soltanto dall'apparizione fantastica di Jodie, un'Elisabetta
Podda simile ad una gigantesca bambola Lenci - è bravo,
e coinvolge, nonostante il lavoro sia a tratti troppo lento,
soprattutto nell'avvio. Applausi anche alla regia dello stesso
Lecis, che dà della storia un'orchestrazione simile
a una danza (movimento e forte gestualità), e all'ambientazione
essenziale di Valentina Enna: sabbia, tanta sabbia, cumuli
che sembrano un deserto, o forse un paesaggio lunare sul quale
la luce piomba giù dall'alto, implacabile.
STAMPASERA, sabato 12 Gennaio 1991
Torna su
|