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Estratti stampa - L'ultimo sogno di Balloi
Caria
Antonio Attisani
UN SOGNO A SPIRALE
Il recupero sapiente e spregiudicato di
strutture espressive folcloriche (alcune modulazioni vocali,
per esempio, ma anche quella specie di corrida che in realtà
è parafrasi della sartiglia, festa della provincia
di Oristano) si coniuga con una scrittura scenica da laboratorio,
dove tutti gli interpreti sono chiamati a essere coautori,
e fonda un'estetica che è al tempo stesso popolaresca
e raffinatissima. Qui non c'è tautologia, non si tratta
di tradurre una visione del mondo in linguaggio spettacolare,
c'è piuttosto coincidenza tra autore e interprete.
E' la scena che parla e dice più di quanto possono
dire le parole. Se l'estetica che ne risulta è compiuta,
non è per una fedeltà a modelli, ma proprio
perché riprende diverse forme, per aprirle e interrogarle,
partecipandone lo spettatore. L'Ultimo Sogno reinventa tragedia
e opera lirica in una dimensione tesa a valorizzarne l'essenza
drammatica, propone una sorta di "teatro diretto"
dove uno stile rigorosissimo e chiuso all'improvvisazione
riesce a nutrirsi dell'incongruo, dell'organico.
Dal libretto di presentazione dello spettacolo in occasione
del 26° FESTIVAL DI SPOLETO (Dei Due Mondi) 1983
Anna Angelini
FEBBRE DI SPETTACOLO A SPOLETO
LECIS SOGNA ELEONORA D'ARBOREA
Successo strepitoso, di partecipazione
e di divertimento, per "L'Ultimo sogno di Balloi Caria",
invenzione di testo e recitazione compiuta da Lelio Lecis,
con il gruppo tutto sardo chiamato "Akròama".
La storia del cieco pastore sardo, sdoppiato nel tempo dei
ricordi a quando aveva ancora la vista, che non gli serviva
però a far "vedere" l'anima delle donne e
delle cose, è una vicenda godibilissima, espressa con
un linguaggio scenico straordinariamente comunicativo e diverso.
IL GIORNALE, lunedì 4 luglio
1983
Antonio Coppola
L'ULTIMO SOGNO DI BALLOI CARIA - PUREZZA DELL'ESSENZIALITA'
"L'Ultimo sogno di Balloi Caria",
diretto e scritto da Lelio Lecis e rappresentato nel cortile
della Rocca, è il pezzo teatrale più atteso,
inaspettato che ho visto al Festival.
Il linguaggio di questo gruppo teatrale è distillato.
Ogni gesto è liberato da qualsiasi zavorra accademica
ed emerge in continuazione lo sforzo di Lecis nel volerci
descrivere solamente l'essenziale. La ricchezza di musica
e di canto, l'uso continuato dei passi di quelle danze affondati
nella tradizione profonda della Sardegna, rendono a tutto
l'insieme un ritmo che non lascia dubbi sul carattere di questo
popolo, assai più antico di ogni altro in Italia.
Lecis attraverso l'appartenenza diretta a quel popolo e la
sua conoscenza, si serve di esse per farci arrivare più
profondamente nell'animo la sua poesia, le cose che vuol raccontarci,
e c'è riuscito lasciando nel cuore un fuoco ed un furore
che hanno una provenienza ancestrale, come quello che succede
in palcoscenico.
GUM Spoleto Festival '83
Roberto De Monticelli
QUANDO L'AMORE E' DAVVERO CIECO
C'è una sorta di corrida che è
poi una mimesi della sartiglia, ballo rituale della provincia
di Oristano. C'è l'immagine delle ragazze che lavano
i panni al torrente e intanto sognano la fuga per mare da
quell'isola, verso terre dove gli uomini siano dolcemente
galanti anziché bruciati da una selvaggia virilità.
C'è alla fine un rituale di sangue per cui è
Paska ad accecare il pastore, quasi realizzando una simbolica
castrazione. In un processo figurativo "au ralenti",
che ricorda certe sequenze di Bob Wilson, sullo sfondo di
un paese bianco e geometrico evocato dalla scena (dello stesso
Lecis), misto di danze e musiche che da un folclore antico
traggono la loro suggestione, lo spettacolo non manca, specialmente
nella seconda parte, d'una sua presa misteriosa in questo
accecamento simbolico e nell'immagine di questa Madonna che
è insieme una ragazza di paese, una venere vendicativa
e il perenne emblema della madre.
IL CORRIERE DELLA SERA, 4 luglio 1983
Domenico Danzuso
FOLCLORE ULTIMO SOGNO
Il gruppo guidato da Lelio Lecis, soggettista,
sceneggiatore e regista del complesso, nel farci visionare
questo suo "Ultimo sogno di Balloi Caria" ci immerge
in un mondo arcano di tradizioni, ma anche di suggestioni
e di angosce del popolo sardo, tra l'altro trasportandoci
in quella straordinaria dimensione, in parte attraverso una
lingua del tutto sconosciuta per noi, ma proprio per questo
ricca di arcane vibrazioni.
LA SICILIA, sabato 12 maggio 1984
Marcello Mento
I MITI E LA CULTURA SARDA DIVENTANO TEATRO
Si tratta di un lavoro che partendo da
radici culturali precise descrive con un linguaggio essenziale,
moderno, figurato, in cui molta parte hanno i colori (vi sono
bellissimi rossi, gialli, arancioni e anche neri) e quindi
l'immagine - spesso i personaggi diventano parte di una composizione
artistica di rara efficacia visiva - quanto avviene nel paese
così come la memoria dell'autore lo ricorda e questo
non senza una punta d'ironia da cogliere ad esempio nel vagheggiamento
del Continente da parte delle due donne, "luogo di un'impossibile
alterità", come scrive Sciascia, che tanta parte
ha nella memoria collettiva delle popolazioni meridionali
e isolane in particolare
GAZZETTA DEL SUD, venerdì 11
maggio 1984
Vittorino Fiori
QUEL SOGNO ORMAI E' UNA PROMESSA
Voci bellissime tessono accordi struggenti,
le accompagnano chitarra e tamburo senza molte concessioni
alla musica folcloristica. Nella colonna sonora entrano anche
i rumori scanditi con precisione, tutto dà ritmo allo
spettacolo.
L'UNIONE SARDA, giovedì 5 aprile
1984
D.E.
SARDEGNA AL RALLENTY
Lo spettacolo molto applaudito ieri sera
ad "Incontroazione", ha lasciato un segno, una serie
di domande che meriterebbero un approfondimento. L'Akròama
si forma nell'ambito del laboratorio di Barba-Grotowksy, assumendone
un inequivocabile segno nella perfezione del gesto e della
voce, ma distaccandosene criticamente in seguito. Proprio
in questo passaggio consiste la proposta interessante di un
gruppo sardo come questo che agendo e rappresentando all'interno
della dimensione etnica, non necessariamente folcloristica,
propone un linguaggio teatrale vitalissimo, ritrova il gusto
della fabula teatrale, sa usare attraverso un sapiente lavoro
di regia una serie di effetti al ralenty che ne accentuano
il gusto narrativo.
L'ORA, martedì 8 maggio 1984
Gaetano Caponetto
SARDEGNA: CRUDELE MADRE CASTRATRICE
Nel motivo ricorrente e circolarmente
conclusivo della lunga cavalcata del giovane Balloi Caria,
lo spettacolo non è solo una discesa nel profondo psicologico,
ma nelle radici antiche e magiche della Sardegna.
Tra tutti gli interpreti spicca Elisabetta Podda (Paska) per
l'energia corporea che traspone nella danza, la voce di autentica
intensità etnomusicale e il transfert emotivo della
recitazione.
ESPRESSO SERA, sabato 12 maggio 1984
Ersilia Carbone
UN TEATRO ONIRICO TRA SPERIMENTAZIONE E FOLKLORE SARDO
Ogni momento dello spettacolo costituisce
un affresco nel quale si compongono armonicamente i rumori,
i sapori, i gesti di un mondo essenziale ed intenso come quello
sardo. Le voci delle donne diventano di volta in volta sottolineature
strumentali, echi lontani, vibrazioni mistiche e deliri erotici
in un excursus che tocca i registri delle emozioni più
profonde. La parola si disgrega e scompare facendosi suono
tra i suoni, come un passo lontano percepito tra veglia e
sonno. E come in un sogno il regista Lelio Lecis mescola gli
elementi tipici della tradizione sarda a vibrazioni soggettive
che si compongono in un perfetto equilibrio di sospensione
aerea.
IL GIORNALE DI NAPOLI, sabato 16 marzo
1985
Umberto Serra
UNA SACRALE CASTRAZIONE
C'è nella regia di Lelio Lecis
e nell'esecuzione degli ottimi interpreti, un asciutto rigore
che si concretizza in un'articolata fusione tra immagini e
suoni, le une ispirate ad un gusto insieme antico e contemporaneo,
gli altri tratti da una ritualità quotidiana che coglie
elementi del vissuto per trasformarli in segni onirici, frammenti
simbolici di un misterioso percorso nell'eros e nel sangue.
Ma il merito di Lecis e degli Akròama sta nell'aver
trasformato questi elementi tradizionali in un teatro di attualissima
sensibilità espressiva, con quei ritmi rallentati,
a tratti congelati, che si spezzano in improvvise tensioni,
la perfetta circolarità della costruzione nella quale
le interazioni fungono da referenti simbolici di immediata
evidenza, l'assoluta mancanza di retorica narrativa.
IL MATTINO, sabato 16 marzo 1985
Antonio Tricomi
PASKA, IL CIECO OGGETTO DEL DESIDERIO
Sorta di musical ad alto tasso liturgico,
lo spettacolo scritto e diretto da Lelio Lecis si caratterizza
come un'incursione nei territori della memoria, svolgendosi
come un lungo flash-back. Coniugando felicemente sapienza
antropologica e nuova sensibilità di rappresentazione,
"L'Ultimo sogno di Balloi Caria" si avvale di belle
musiche composte da Franco Saba e Gianni Loi, presenti anche
come attori, e dell'interpretazione di Marcello Enardu e Raffaele
Chessa, che prestano i loro volti al personaggio del pastore.
Ma l'autentica rivelazione è Elisabetta Podda, che
interpreta il ruolo di Paska: attrice d'estrema bellezza,
carismatica leader dello spazio scenico, la cui prestazione
a tutto tondo - volto, voce, corpo, abiti - è sicuramente
il punto di forza dello spettacolo.
PAESE SERA, sabato 16 marzo 1985
Mario Brandolin
UMORI SEGRETI DELLA SARDEGNA
I segni della tradizione e della civiltà
sarda, i suoi costumi, le sue melodie così caratteristiche
nelle voci acute e stridule, le sue nenie cantilenanti, ci
sono tutti, ma ripensati in un contesto narrativo che di quella
tradizione e di quella civiltà ripropongono gli umori
più veri e segreti, e forse oggi più coinvolgenti.
Lo spettacolo, introdotto da una ninna nanna fuori campo,
si apre con un'immagine bellissima e struggente su Balloi
giovane che fermo al centro del palcoscenico buio e incorniciato
da una grande luna gialla corre con ansia e bramosia verso
la sua bella.
MESSAGGERO VENETO, domenica 5 febbraio
1989
Elio Varutti
SUONI E UMORI DELLA TRAGEDIA
Siccome nella cultura sarda ci sono il
canto corale, il ballo e il gesto, allora Lelio Lecis, trentaseienne
autore, sceneggiatore e regista, usa tutti questi ingredienti
nel suo straordinario spettacolo che dura un'ora. Si coglie
persino il senso della tragedia greca, quando la tensione
drammaturgica va alle stelle nelle scene di violenza.
IL GAZZETTINO DEL FRIULI, domenica 5
febbraio 1989
Mariangela Pitturru
L'ULTIMO SOGNO DI BALLOI CARIA
L'insieme emana un fascino cui è
difficile sottrarsi, un fascino che a Spoleto ha fatto preferire
il "Sogno" di Lelio Lecis alle "Trachinie"
trite e ritrite di Sofocle, segno che anche a teatro il nuovo
quando sorge da una creatività felice sposata ad un
impegno onesto, sa emozionare quanto e più del "classico"
che con stanchezza da secoli impera.
MONGOLFIERA, lunedì 27 febbraio
1989
Al.Co.
LA SARDEGNA E' IL SOGNO DI UNA LUNGA CAVALCATA
Il suggestivo movimento scenico è
realizzato dalla compagnia cagliaritana Akròama, autore
e regista Lelio Lecis. Lo spettacolo è interessante
per due motivi: per la rivisitazione del ricchissimo folclore
isolano, che viene riproposto attraverso la mediazione di
un teatro poco di parola e molto di figura; per la rilettura
e l'interpretazione di un luogo comune, quello dell'isolamento
sardo.
LA STAMPA, mercoledì 8 marzo
1989
Franco Manzoni
AMORE E VIOLENZA NEL DRAMMA SARDO
Un dramma sardo - ma anche il dramma di
un'intera società, quella contadina - costruito su
elementi folclorici e su reinvenzioni di segni vocali e musicali
che danno un quadro di una Sardegna di cinquanta anni fa chiusa
in questa sua "solitudine di campagna". Sul racconto
del pastore e della sua giovane donna si sovrappongono altre
piccole storie quotidiane quasi slegate le une dalla altre.
Ma la pièce va anche intesa come un'incursione nei
territori della memoria ancestrale dove sono la passione e
la violenza del sangue ad emergere come verità di un
passato che le convenzioni delle società contemporanea
non sono riuscite ancora a cancellare: emozioni antiche che
si contrappongono ai sogni della "nuova evasione"
di Paska in una sorta di musical liturgico e laico.
IL CORRIERE DELLA SERA, martedì
30 maggio 1989
Tiberio Fusco
RITI DALLA SARDEGNA, CON FURORE
E' un teatro raffinato e popolare, ricco
di situazioni e personaggi: le ragazze vestite di nero con
le anfore sulla testa, il suono delle pecore, il fascino dei
balli, la processione di Pasqua in un paese bianco e geometrico.
IL GIORNO, sabato 3 giugno 1989
Giovanna Zofrea
GLI UMORI DI SARDEGNA NEL "SOGNO DI BALLOI"
Si tratta di un allestimento di sapore
etnografico, che affonda le radici nella cultura ancestrale
e nella civiltà sarde. Per questo è stato utilizzato
come campione di studio in molte Università europee.
Ma al di là della preziosità filologica del
testo, quello che più affascina è la sua squisita
teatralità.
Il nucleo tematico si muove attorno ad una visione tragica
della passione amorosa e della religione. A questa inquietante
girandola emotiva, si aggiunge un vero e proprio "colpo
di teatro" di Lecis, che sdoppia il protagonista nei
due personaggi complementari e speculari del narratore cieco
e di Caria, sotto la denominazione di Balloi.
IL NUOVO VERONESE, sabato 17 febbraio
1996
G.Z.
LELIO LECIS E LA TEATRALITA' DI UNA CULTURA ANCESTRALE
Un altro strepitoso allestimento firmato
da Lelio Lecis, un altro straordinario "centro"
dell'Akròama, sempre in grado di fornire prove di grande
spessore culturale, filologico e interpretativo. Ennesima
conferma che la cosiddetta "ricerca" è sempre
valida e non rischia di apparire datata solo quando affonda
su scelte artistiche e culturali autentiche e di grande impatto
emotivo.
IL NUOVO VERONESE, mercoledì
21 febbraio 1996
Sergio Stancanelli
GENIALI "AKROAMA"
L'intelligenza dell'autore e le straordinarie
capacità degli interpreti fanno dello spettacolo una
creazione vicina alla genialità. Del folclore locale
si vivono solo reminiscenze: lo spirito che aleggia è
piuttosto quello dell'etnologia. Ma la vicenda travalica la
specifica localizzazione, per prendere vita in mondi primitivi
e tempi bui che vanno dalla mitologia ellenica al medioevo
e ai giorni nostri.
L'ARENA, mercoledì 21 febbraio
1996
Estratti dalla stampa tedesca
Frank Jast
MAGIA TEATRALE DIONISIACA AL FESTIVAL
Fin dall'inizio il gruppo sardo con la
sua sensuale rappresentazione, non ha dovuto faticare per
attirare l'attenzione del pubblico. Impressionante la messinscena
del regista Lelio Lecis, autore dell'opera e responsabile
anche di scene e costumi, che ci fa vedere immagini della
cultura ambivalente di un popolo, in cui gli uomini adorano
la donna come una Madonna e allo stesso tempo la umiliano
come una schiava con il loro eccessivo maschilismo.
Religiosità e passione si uniscono in questo teatro
in un doppio pieno di contrasti, figure cercano perplesse
il loro posto, esigono e combattono senza pietà per
esso.
POTSDAMER NEUEFTE NACHRICHTEN, 1 luglio
1995
Stefan Kirschner
UN GIOCO DI SCAMBIO TRA IMMAGINI ENIGMATICHE E MOMENTI POETICI
Lelio Lecis, il regista che nel '77 ha
fondato il gruppo teatrale Akròama, ha presentato una
messa in scena piena di momenti poetici e attraverso tagli
veloci un alternarsi di scene scattanti, buffe, violente.
Non devono meravigliare le influenze cinematografiche ne "L'Ultimo
Sogno" di Lelio Lecis, che paragona la realizzazione
di un'opera teatrale alla scrittura di un copione cinematografico
dove solo gli attori completano il prodotto finale.
BERLINER MORGENPOST, 7 luglio 1995
F.K.
IL SEGNO SULLA FRONTE
In un'ora Lelio Lecis mette in scena un
intero mondo. E questo mondo gira attorno a una donna, seduttrice,
innamorata, santa. Con la storia di Paska (Elisabetta Podda)
e Balloi (Raffaele Chessa) il Teatro Laboratorio Sardo di
Cagliari inaugura il concorso di Potsdam, e già dall'inizio
si stabilisce un livello teatrale molto alto. Al regista scenografo
e costumista Lelio Lecis bastano delle bande di stoffa nera
e un breve scivolo tra due bassi basamenti.
Il palco resta vuoto. C'è quindi spazio a sufficienza
per gli attori dai molti talenti, che riescono a sfruttarlo
al meglio. Non si dicono molte parole nell'Ultimo Sogno, ma
si canta e si suona la chitarra e il timpano (Franco Saba
e Gianni Loi). Questo non è folclore ma musica. I testi
vengono sostituiti da immagini mitiche, magiche e poetiche.
Immagini infantili, dimenticate e ingiallite dal tempo ritornano
alla memoria. Lecis mette in scena antichissimi riti religiosi
e profani, li confronta, li interrompe, li scompone e ne celebra
di nuovi. Balloi rincorre Paska e la vita, se ne appropria
con violenza subendo a sua volta la stessa violenza. Un coltello
colpisce l'occhio e su questo scorre il sangue che fuoriesce
da una brocca. La croce che porta è impressa sulla
fronte del suo antagonista cieco. Dio lo sa, la vita non è
un sogno, ma questa opera lo è.
MARKISCHE ALLGENEIN, 1 luglio 1995
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