23 e 24 marzo 

 Riverrun Teatro 

CALL CENTER
di Angelo Trofa e Elio Turno Arthemalle
regia di Monica Zuncheddu

Con Roberta Locci, Fausto Siddi, Angelo Trofa, Elio Turno Arthemalle, Monica Zuncheddu
Regia Monica Zuncheddu
scene Roberta Locci

 

Lo spettacolo è la seconda tappa di un progetto teatrale dedicato al mondo del lavoro.

 

Nel 2004-2005 abbiamo presentato due diversi allestimenti di Puttana devi morire, un testo incentrato sul mobbing e tratto da una storia vera. Nel corso delle repliche cagliaritane abbiamo ospitato nel nostro spazio dibattiti e interventi a tema di docenti universitari che, visto il grande interesse suscitato nel pubblico, ci chiesero di allestire la pièce presso la facoltà di Scienze Politiche, a corredo di un ciclo di lezioni dedicato al tema.

Nel corso delle successive repliche i dibattiti sono stati condotti volta per volta da sociologi, psicologi, medici, sindacalisti.

Ciò che risultava dalle analisi degli esperti era che uno dei pilastri su cui è costruito il sistema del mobbing fosse la precarietà del lavoro, la paura del lavoratore di tornare ad uno stato di disoccupazione che diventa più forte della volontà di reagire alle vessazioni e al sopruso.

 

Ecco allora la necessità di trovare un osservatorio privilegiato da cui potersi affacciare al mondo del precariato: il call center ci è sembrato il fenomeno insieme più attuale ed esaustivo per indagarne gli aspetti economici, sociopolitici e psicologici.

Particolarmente attiva nelle regioni italiane economicamente più deboli, la complicata economia dei call center si è costruita con la vertiginosa apertura e chiusura di una grandissima quantità di strutture, facenti capo ad una gerarchia di società costruite a scatole cinesi, con referenti che spesso si ritrovano a gestire ruoli in teoria conflittuali e partite di giro che si avvitano in spirali di cui non si riesce a scorgere il centro.

Una intera “leva”, quella dei giovani tra i 20 e i 30 anni, moltissimi dei quali universitari, si trovano a transitare per questo tipo di esperienza lavorativa che assume quindi importanza oltre che locale (il meridione e le aree economicamente depresse), generazionale. Ed è questo uno dei punti di maggior rilievo della nostra indagine: l'obiettivo puntato su una società che si avvia a dimorare in un eterno presente, facendo della propria (interminabile) adolescenza l'unica prospettiva esistenziale possibile, l'unità di misura unica di un quotidiano a buon mercato e presidiato da sinistri gadget.

 

Lo spettacolo vuole essere un contributo ad una riflessione di ampio respiro resi sempre più urgenti dalle contingenze socioeconomiche di questi ultimi anni, e sarà allestito per questo motivo anche in luoghi di lavoro, centri d'aggregazione, università.